“Scontro frontale nel Pd sull’Italicum. Patto Berlusconi-Alfano per il Colle”, così il Corriere. “Renzi, ultumatum ai ribelli del Pd, e vede Berlusconi” così invece Repubblica. Dei due grandi giornali, il primo pone l’accento sulla trappola in cui si sta cacciando il Premier, il secondo sulla sua sfida, a muso duro, per uscirne indenne. E subito un retroscena, la versione di Renzi confidata a De Marchis: “la minoranza del Pd punta a votare una legge elettorale contro di me e contro il partito. Mi vogliono accoltellare, questa è la verità. Ma attenzione: devono prendermi. Se mancano il bersaglio, poi sono loro ad avere un problema”.
Di che si tratta? Matteo Renzi vuole una legge elettorale che consegni la guida del governo, in modo stabile e per 5 anni, al candidato sostenuto dal maggior partito. La minoranza del Pd non gli dice di no. Gli chiede soltanto che i deputati (di minoranza e di maggioranza) mantengano uno straccio di autonomia davanti al futuro Sindaco d’Italia. Come? Grazie al rapporto (da ricostruire) con gli elettori. E siccome Berlusconi non ne vuol sapere di tornare ai collegi uninominali, ecco che la minoranza chiede almeno che il 70% dei deputati sia scelto con la preferenza. Una linea di resistenza, un pannicello caldo, non sufficiente (secondo me) a cambiare la sostanza illiberale e autoritaria del combinato Italicum-Riforma del Senato – una delega tanto forte all’esecutivo non c’è in Francia, in Gran Bretagna e neppure negli Stati Uniti – ma che forse renderebbe l’Italicum meno vistosamente incostituziuonale.
Molto rumore per nulla, direbbe forse Shakespeare. “Mi vogliono accoltellare” – dice Renzi – si comportano come “un partito contro il partito”. Poi le minacce “posso approvare l’Italicum in 48 ore, esistono gli strumenti parlamentari”. Quali strumenti? Il sistema del “canguro”, si vota un emendamento dell’ultima ora che cancella tutti gli altri. Insomma un imbroglio e una soperchieria. Alla vigilia dell’elezione del Presidente della Repubblica? Ce n’era bisogno? Sì, il Premier u tragediaturi (come si direbbe in Sicilia) perché scricchiola l’architrave della sua politica, cioè il patto del Nazareno. Berlusconi è un’anatra zoppa, certo, è pronto ad accettare doni giudiziari e favori alle sue televisioni in cambio di un discreto ma sostanziale appoggio al governo, ma sa alzare il prezzo. Oggi vede Alfano, poi Renzi, cerca di porre condizioni sul Quirinale, un moderato sul Colle o almeno un amico sicuro.
“È stato Renzi – dice Gotor a Repubblica – a voler sovrapporre la legge elettorale all’elezione per il Colle. Ora il segretario non si lamenti degli effetti provocati dalle sue scelte politiche. Non glielo aveva ordinato il medico”. Poi il colpo basso: vuole prima la legge elettorale per condizionare “le personalità che aspirano legittimamente a diventare Presidente della Repubblica”. Tradotto, metto in chiaro prima che il futuro Presidente non dovrà opporsi al Sindaco d’Italia in nome della Costituzione.
“Corruzione, dimensioni intollerabili”, dice La Stampa citando il ministro Orlando. E noi che facciamo? La priorità del governo resta la solita: dare il Senato a un manipolo di nominati dai partiti regionali e trasformare la Camera in un docile strumento nelle mani del premier. Di Obama e della sua riforma per far pagare meno tasse al ceto medio, non si parla nemmeno. A Davos è venuto fuori che nel 2016 l’1% dei ricchi possiederà più roba del resto del mondo. Silenzio.
“Un cristiano non deve fare per forza figli in serie”. Il Papa guarda al futuro. Il rottamatore già teme di essere rottamato.
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