Corriere della Sera e Financial Times aprono con la scelta di Obama. Tassare banche e super ricchi, recuperare 320 miliardi, ridurre il peso fiscale sul ceto medio e finanziare la scuola, cioè il futuro. “Obama, svolta sulle tasse”, scrive il Corriere.Poi parla di effetto Piketty -l’economista francese che ha dimostrato quanto e come stia crescendo il divario tra ricchi e poveri. Infine non esclude che “ora anche la destra si converta”. Possibile ma non facile: Financial Times racconta le prime reazioni furiose “di Banche e Congresso”.
Ieri, quando ho segnalato questa notizia con un tweet, sono stato sommerso da lazzi e critiche. I lazzi sostenevano che Obama non conta più niente, ha perso la maggioranza e sta per lasciare la Casa Bianca. Divertente che questa lezione venga proprio o anche da chi vorrebbe insediare Renzi nel ruolo del sindaco d’Italia. Quando conviene, si dice che nel mondo libero Presidente e Premier possono fare tutto e che dovremmo imitarli. Quando no, si scopre che i parlamenti altrui controllano e condizionano le scelte dell’esecutivo. Cari studiosi di diritto costituzionale americano, sappiate che il Presidente resta Presidente per l’intero mandato, anche se spesso gli tocca mediare con Senatori e Rappresentanti. Obama può spuntarla, in ogni caso indica ai democratici una nuova frontiera per le prossime elezioni.
La seconda obiezione ricorda come in Italia si paghino già troppe tasse. “Siamo già al 60%”, dice Nicola Forte. Sì, ma qui si tratta di tassare di più il patrimonio – e soprattutto i grandi patrimoni- e meno chi vive, chi compra una casa, lavora e consuma. Certo, prima di alzare un’aliquota, dovremmo proporci,in Italia, di far pagare le imposte agli evasori, combattere la corruzione, ridurre i trucchi che consentono l’elusione. Non è di sinistra, e neppure sensata, una politica fiscale che non affermi tale priorità. Purtroppo la finanziaria ha concesso sgravi a tutti gli imprenditori, sia quelli che provano a costruire il futuro, sia gli altri che trasformano il profitto in rendita. Il decreto di Natale voleva depenalizzare la modica quantità dell’evasione e della frode (il 3%, per le grandi società, sono un mare di soldi). Gli 80 euro non sono andati ai poveri, mentre dipendenti e ceto medio li hanno pagati, a caro prezzo, con l’aumento delle tasse locali.
Repubblica: “Il caso Cofferati divide il Pd”. Ma guarda tu! Gli insulti (“cattivo perdente, vecchio rudere Cgil, lascia il seggio a Bruxelles che non è tuo”) hanno lasciato spazio alla prudenza. È bastato che Fassina parlasse di “effetti nella corsa al Colle” e che Civati rispondesse alla richiesta “dimettetevi” con un “sì, dimettiamoci tutti”, visto che siamo stati eletti con una legge incostituzionale, “e andiamo a votare”, con il Consultellum. Pare che Renzi ora voglia incontrare Bersani, quello che pretendeva di aver asfaltato con il jobs act. Non solo, Debora Serracchiani si è rivolta persino ai 5 Stelle e gli ha chiesto di votare, con il Pd e contro Berlusconi, il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. Insomma i sondaggi preoccupano, il Nazareno scricchiola e si strizza l’occhio al Bebbe (Grillo): noi sempre al governo, tu capo dell’opposizione. Quello che serve non è uscire dal Pd, sconfitti, è dare battaglia, a testa alta.
Infine, Altan: non datemi buone notizie che senno mi sento in colpa. E Gabriele Romagnoli scrive un pezzo sul “declinismo”: tutto va male, prima era meglio. Vera ideologia delle destre che, proprio come il Daesh, sognano un ritorno alle crociate. Ma condivisa a sinistra da chi. invece di battersi, predica l’apocalisse,per giustificare l’umor nero di un Grillo o per cedere tutte le chiavi al giovane salvatore di turno. Al contrario io penso che il mondo stia cambiando,in meglio. E ritengo che chi predica il contrario tema in realtà di dover cambiare.
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