Anche se con “l’11 settembre di Parigi” tutto sembra atrocemente nuovo ed improvviso, sarebbe forse opportuno ricordare che la storia, talvolta, si ripete brutalmente, o magari ci serve un conto già preannunciato. E’ possibile che l’opinione pubblica non sappia, ma chi di mestiere informa, pretendendo talvolta di “forgiare” le coscienze, non può sempre tacere o fare cattiva informazione. In questi casi, per non dimenticare i fatti di oggi, ma anche quelli di ieri, e soprattutto per non acuire razzismi fuori luogo e portata, sarebbe opportuno ricordare alcuni dettagli della Storia di tutti. Quanto accaduto in questi giorni in Francia, fu preannunciato in Algeria vent’anni fa. Ecco cosa scrisse il giornalista, cronista satirico algerino Saïd Mekbel (nella foto), direttore del quotidiano algerino “Le Matin”, lo stesso giorno in cui fu barbaramente ucciso in un ristorante di Algeri. Era il 3 dicembre 1994.
“E’ lui, quel ladro che, nella notte, sfiora i muri per tornare a casa. Quel padre che raccomanda ai suoi figli di non raccontare del brutto mestiere che fa. Questo pessimo cittadino che si trascina al Palazzo di Giustizia nell’attesa di mostrarsi davanti ai giudici.
E’ lui, che viene preso in una retata di quartiere e che un colpo di canna spinge in fondo ad un camion.
E’ lui che, la mattina, esce di casa senza essere sicuro di arrivare a lavoro e che, la sera, va via dall’ufficio, senza sapere se rientrerà a casa.
E’ lui quel vagabondo che non sa più dove passare la notte.
E’ lui che minacciano nel segreto di una stanza ufficiale, il testimone che deve ingoiare tutto quello che sa, un cittadino nudo e smarrito.
E’ lui l’uomo che prega per non morire sgozzato.
E’ lui che non sa far niente senza le sue mani, nient’altro che i suoi piccoli scritti.
Lui che, nonostante tutto, spera perché, non è forse vero che le rose sbocciano anche sui mucchi di letame?
Lui che è tutto questo e che è soltanto un giornalista.”
Chi erano gli assassini di Saïd Mekbel? Gli stessi di oggi. Quale fu il motivo della sua esecuzione? La stessa libertà di espressione violata a Charlie Hebdo. Ma il paese? Un’Algeria martoriata dal fondamentalismo islamista che negli anni ’90 mise a ferro e fuoco una nazione e, soprattutto, a tacere per sempre non solo giornalisti della nascente “stampa indipendente” (dal potere), ma anche intellettuali, scrittori e cittadini impegnati nella società civile algerina. In Algeria, dal 1992 al 2001, furono registrati 31.712 attentati esplosivi, di questi 23.167 furono evitati grazie ai servizi di sicurezza algerini che disinnescarono le bombe. All’epoca il terrorismo dei fondamentalisti islamisti colpiva soprattutto i mezzi pubblici, le scuole, le imprese, gli ospedali e il triste bilancio di quel decennio nero fu di 1.872 vittime e 8.445 feriti. Il 1996 fu l’anno che registrò il maggior numero di azioni terroristiche con il più grave attentato alla liberta d’informazione, quello dell’autobomba alla Casa della Stampa “Tahar Djaout” (primo giornalista/scrittore ucciso in Algeria, ndr) in cui morirono 29 persone, tra cui 3 giornalisti, e ne rimasero ferite 80. Poi la strategia degli islamisti cambiò propagandosi altrove e arrivando qui “da noi”; perché, come ha ricordato il giornalista algerino Hassane Zerrouky, nell’articolo “l’11 settembre dei vignettisti”, a poche ore dalla strage di Charlie Hebdo, sullo stesso “Le Matin”, che diresse Saïd Mekbel,: ‘Quanto accadde in Algeria era forse un avvertimento, un monito, un’anticipazione a tutto il mondo dell’informazione, in particolare a quei giornalisti francesi o europei che all’epoca minimizzavano la gravità dei massacri commessi in Algeria, dubitando sull’identità dei committenti, anche quando questi li rivendicavano apertamente tramite Al Ansar, giornale del GIA (Gruppo Islamista Armato nato in Algeria negli anni ’90, ndr) pubblicato a Londra e diretto dall’egiziano Abou Hamza, noto imam della moschea di Finsbury Parc della capitale inglese’, appena condannato all’ergastolo negli Usa (ndr).
Dunque No, nessun assassino potrà mai violare la libertà d’espressione a Parigi come altrove e nessuno deve restare in silenzio…ma non si può trascurare e dimenticare che un altro Charlie Hebdo c’era già stato. Accadde a discapito della stampa algerina in quello che fu soprannominato ‘il decennio nero’.