L’ultimo giorno del 2014 ci ha portato dal mare un proiettile vagante. Il Blue Sky, un cargo di 70 tonnellate pieno di siriani, senza equipaggio, con il motore bloccato e il pilota automatico inserito. A bordo erano poco meno di mille, moltissime famiglie, moltissimi bambini. Tutti in fuga dalla guerra imbarcati su un proiettile lanciato senza nessun controllo contro le coste pugliesi a velocità folle. Mohammed, quando ci ha mostrato i video che ha girato su quel cargo, ha detto che erano sicuri che non ce l’avrebbero fatta.
Partiti dal porto di Mersin, Turchia. Cinque giorni di viaggio fino alle acque territoriali italiane. L’equipaggio ha virato in quel momento ed è sceso su un piccolo battello lasciandoli andare. La nuova rotta della migrazione prevede questo adesso, un viaggio che costa oltre seimila euro a persona, pubblicizzato su facebook come fosse una gita turistica: “Viaggio per l’Italia, 6500 dollari a persona, partenza dal porto di Mersin domenica 2 novembre”. Seguono i commenti di chi quei viaggi li ha fatti, selezionati con cura perché, sono tutti positivi, raccontano di viaggi sicuri e “confortevoli”.
Il commento di Mohammed sarebbe diverso probabilmente. Si è imbarcato domenica 28 dicembre, ma nessuno aveva detto a lui e agli altri mille che li avrebbero lasciati andare con il pilota automatico con mare forza 5 e onde altre quattro metri, stesso specchio di mare dell’incendio della Norman Atlantic. La Guardia Costiera lo ha inseguito a lungo quel cargo e alla fine sono riusciti a calarsi con un elicottero e hanno fermato quella nave a sole 3 miglia dalla costa, evitando impatto e catastrofe.
Ne sono arrivati altri sedici di mercantili nelle stesse condizioni. La nave cargo Storm è stata la prima la mattina del 28 settembre e le altre sono arrivate a seguire con una frequenza crescente: cargo Tiss il 15 ottobre, il Vitom il 21 ottobre. Il 29 ottobre ed il 19 novembre atri due cargo senza nome. A dicembre ne arrivano in successione il 5, l’8, il 9, il 15, il 19 ed il 20. Si chiamano Vitriol, Sandy, Zain, Polaris, Merkure. Navi di settanta metri e seicento tonnellate escluso il carico. Navi fantasma destinate alla rottamazione e riciclate dai trafficanti sulla nuova rotta. Il Polaris aveva a bordo 600 persone e falle nello scafo. È affondato subito dopo il trasbordo dei passeggeri il 19 dicembre. Altre due navi si sono fermate a Cipro e ad Atene per problemi al motore. L’ultima è arrivata il 2 gennaio, 400 a bordo, motore in panne, per fortuna si è fermato da solo. Le altre sono arrivate senza freni a poche miglia dalle nostre coste. In totale hanno portato ottomila passeggeri, tutti siriani. Sulla Happy Venture, il 22 dicembre, erano in 650. Mare forza cinque, onde di tre metri. La motovedetta della capitaneria di porto è riuscita ad affiancarla dopo quattro ore di tentativi. Via radio gli uomini della guardia costiera hanno indicato ai migranti come fare a spegnere il motore. Alla fine ce l’hanno fatta, ma ogni volta è una incognita, come una roulette russa in mezzo al mare.
L’evoluzione dei viaggi nel mediterraneo ha questa tragica forma adesso. La fine di Mare nostrum non ha scoraggiato nessuno. Chi diceva che la più grande operazione umanitaria di soccorso nel mediterraneo attirava i migranti, diceva sciocchezze e quei cargo usati come proiettili carichi di centinaia di profughi, ne sono la prova. Nel frattempo dalla Libia continuano ad arrivare barche e gommoni. Nel solo mese di novembre gli arrivi sono aumentati del 485 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. I dati della Marina militare rendono evidente che la fine di Mare nostrum non ferma affatto le partenze, e pattugliare i confini come fa Triton (e come ha sempre fatto Frontex) non ha alcuna utilità, non serve a salvare vite, non serve a fermare i flussi. Chi scappa da guerra e persecuzione sa di fuggire da morte certa e accetta l’eventualità probabile della morte in mare. Chi non ce la fa muore per salvarsi. Il paradosso è questo, e i proiettili vaganti che inaugurano il 2015 sono li a dimostrarlo.
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