Nel nord del Libano succede quel che proprio non doveva succedere. Stiamo parlando della zona del Paese dove l’incendio siriano ha già contagiato, per l’arrivo di tanti profughi siriani e per la presenza di numerosi alawiti, il gruppo etnico confessionale al quale appartiene il presidente siriano Assad. Gli scontri con i sunniti, anima dell’insurrezione anti Assad, sono quotidiani. In questa situazione accade l’irreparabile.
Secondo una prima ricostruzione una pattuglia dell’esercito avrebbe intimato l’alt all’auto su cui viaggiano due stimati ulema sunniti, diretti a una manifestazione di solidarietà con gli insorti siriani. Gli agenti a quel punto avrebbero aperto il fuoco, e gli ulema sarebbero morti. Ma questa ricostruzione è stata smentita da testimoni oculari: gli agenti al posto di blocco avrebbero riconosciuto i due leader religiosi e li avrebbero lasciati passare, un ufficiale però avrebbe urlato di aprire il fuoco e quel punto una pioggia di colpi si sarebbe riversata sui due religiosi. E infatti poco fa un ufficiale, probabilmente quello che ha dato l’ordine di sparare, è stato arrestato.
La notizia ha comunque causato immediatamente scontri. Al governo in Libano ci sono gli alleati di Assad, gli Hezbollah, e l’idea che dietro l’assassinio ci sia un calcolo, un ordine politico, si è radicata rapidamente. Il fronte di opposizione al governo filo-siriano, guidato da Hariri, ha invitato alla calma, poi ha aderito allo sciopero generale indetto per oggi .
L’azione dell’esercito libanese ha veramente dell’incredibile e uccidere due ulema sunniti quando i rapporti con gli sciiti sono pessimi, e questi ultimi sono al governo, non aiuta proprio, diciamo così. Ed ecco che già alle prime ore di questa mattina sono cominciati gli scontri, un po’ in tutto il Paese. E a Beirut già si contano due morti.