1 minore su 4 vive in appartamenti inadeguati e più di 65 mila nuclei familiari sono sotto sfratto; il 68% delle famiglie taglia la spesa alimentare; oltre 3 milioni di bambini non hanno letto un libro nell’ultimo anno; solo il 6% dei bambini gioca libero in strada e il 25% in cortile. Ma c’è chi reagisce: avanza la “generazione parkour” e nascono le prime scuole “open space”. Cresce la rete dei Punti Luce di Save the Children – 11 aperti nel 2014 – per dare nuove opportunità educative a migliaia di bambini, nell’ambito della campagna “Illuminiamo il Futuro”
Le città e le metropoli sono l’habitat prevalente dei bambini e adolescenti in Italia: il 37% di essi – 3 milioni e 700 mila – si concentra nel 16,6% del territorio nazionale, cioè nei grandi centri urbani o nelle aree circostanti. Città più matrigne che materne, invase di macchine e pericolose – tanto che solo il 6,4% di bambini gioca libero per strada – e spesso prive di spazi per garantire lo svago dei più piccoli: solo 1 bambino su 4 gioca in media nei cortili e meno di 4 su 10 nei giardini, con significative differenze territoriali.
Ma per un certo numero di bambini, la disponibilità di luoghi di vita e gioco accettabili non c’è neanche in casa: quasi 1 minore su 4 vive in famiglie che dichiarano di abitare in appartamenti umidi o con tracce di muffa alle pareti e sono 1 milione e 300 mila i minori le cui famiglie denunciano situazioni di sovraffollamento, in un paese nel quale anno dopo anno cresce l’emergenza abitativa: nel 2013 sono ben 65 mila i nuclei familiari (molti dei quali con bambini) ad aver ricevuto un’ingiunzione di sfratto per morosità incolpevole (+8,3% rispetto all’anno precedente).
D’altra parte, come indicano i dati sui consumi, la povertà assoluta delle famiglie è cresciuta ulteriormente nel 2013 e riguarda ormai il 13,8% dei minori – oltre un milione e 400 mila tra bambini e ragazzi (con un incremento del 37% di minori interessati dal fenomeno rispetto al 2012) – mentre più del 68% delle famiglie sono costrette a tagliare sugli alimenti o a comprare cibo di qualità inferiore.
Ma la povertà dei minori in Italia non è solo materiale. 3 milioni 200 mila bambini e ragazzi tra 6 e 17 anni (il 47,9% del gruppo di età) non hanno letto un libro nel 2013 e circa 4 milioni (il 60,8%) non hanno visitato una mostra o un museo. Non viaggia né si apre a nuovi mondi e persone il 51,6% di under 18 che vive in famiglie che non possono permettersi nemmeno una settimana di ferie l’anno lontano da casa. Lo sport grande assente nei pomeriggi del 53,7% degli adolescenti (15-18 anni), che non fanno alcuna attività motoria continuativa nel tempo libero.
Pomeriggi non occupati neanche da attività scolastiche, dato che, nella migliore delle ipotesi, il tempo pieno c’è solo nel 50% delle scuole elementari e medie di alcune regioni, con picchi in negativo in regioni quali Campania (con il 6,5% delle scuole primarie a tempo pieno) o Calabria.
Questi alcuni dati diffusi oggi da Save the Children e tratti da Gli orizzonti del possibile. 5° Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia, la pubblicazione che – con l’aiuto quest’anno di circa 40 mappe e delle suggestive foto di Riccardo Venturi – analizza la condizione dell’infanzia nel nostro paese, nell’ambito della campagna“Illuminiamo il Futuro” per il contrasto della povertà educativa.
“Gli orizzonti a disposizione dei nostri bambini sono sempre più chiusi: si riducono gli spazi di autonomia, socialità, svago, e si riducono gli spazi mentali, le opportunità di formazione e crescita intellettuale e relazionale, sospingendo sempre più bambini ai margini. E’ sotto gli occhi di tutti il disagio di tante “periferie”: luoghi deprivati di verde, spazi comuni, trasporti efficienti, scuole a tempo pieno e sempre più popolati da giovani coppie con bambini. Le periferie dei nostri giorni sono le nuove città dei bambini. Da qui dobbiamo cominciare se vogliamo riaprire spazi di futuro e opportunità per l’infanzia nel nostro paese”, è il commento di Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children, l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti. “Inoltre in questa quinta edizione dell’Atlante dell’Infanzia abbiamo voluto dare voce a una molteplicità di interventi e pratiche coraggiose e innovative che dimostrano che riaprire gli orizzonti dei minori e delle loro famiglie non solo è possibile ma è già a portata di mano. Esperienze come quelle delle scuole che hanno deciso di condividere i propri cortili con il quartiere, a Torino, o dei ragazzi che sfidano gli spazi cittadini facendo parkour a Roma o in altre città. Un cambiamento reale è possibile ad esempio umanizzando i percorsi nascita, realizzando più servizi per la prima infanzia, aprendo e rinnovando le scuole, intervenendo nelle periferie con nuove opportunità sociali e culturali, ripensando l’utilizzo degli spazi pubblici. Sono esempi positivi ma che per produrre cambiamenti tangibili debbono essere replicati su vasta scala e andare di pari passo con un’azione determinata da parte del Governo per aggredire le gravi povertà sociali ed educative che affliggono milioni di minori”, continua Neri.
“Per rispondere concretamente all’avanzare della povertà educativa, soprattutto nelle periferie urbane, con il lancio della campagna Illuminiamo il Futuro nel maggio scorso, Save the Children ha aperto 11 Punti Luce in 8 regioni e un altro sarà inaugurato con il nuovo anno, in collaborazione con associazioni partner[1] . Si tratta di spazi ad alta densità educativa in zone prive di servizi e opportunità, dove bambini e adolescenti possono studiare, giocare, avere accesso ad attività sportive, culturali e creative. Inoltre i minori in condizioni accertate di povertà, vengono sostenuti da una dote educativa, un piano formativo personalizzato che consente ad esempio l’acquisto di libri e materiale scolastico, l’iscrizione a un corso di musica o sportivo, la partecipazione ad un campo estivo o altre attività educative individuate sulla base anche delle inclinazioni del singolo bambino. Sono circa 1.800 i bambini che nel 2014 hanno frequentano i Punti Luce aperti da Save the Children in Italia. La previsione è di supportarne4000 entro il 2015, assegnando 1.000 doti educative e di aprire ulteriori Punti Luce. Ma soprattutto, ciò che vogliamo, è che vi sia una assunzione di responsabilità collettiva contro questa piaga che pregiudica il presente e il futuro di moltissimi bambini”, spiega Raffaela Milano Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children.
“E’ necessario e urgente varare un piano nazionale di contrasto della povertà minorile, che preveda, tra l’altro, l’estensione della cosiddetta nuova social card, ora sperimentata solo in poche città, a tutte le famiglie in povertà assoluta con minori, semplificando i criteri di accesso e rafforzando le misure di accompagnamento e valutazione. Allo stesso tempo vanno previsti interventi mirati per le aree più deprivate sul piano dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza e delle opportunità educative. Per le periferie urbane più carenti, dove vivono moltissimi bambini, proponiamo di attivare “aree ad alta densità educativa”, sul modello francese delle Zones d’Education Prioritaires,all’interno delle quali garantire un forte rafforzamento delle offerte educative, scolastiche ed extrascolastiche, valorizzando le risorse locali e mobilitando fondi europei”, conclude Raffaela Milano.
Bambini metropolitani
Una popolazione complessiva di poco più di un milione e mezzo di bambini, pari al 16,1% dei minori italiani, vive sparpagliata nel 70,3% dei comuni italiani, mentre il rimanente 84% risiede in 2400 centri di taglia superiore. Guardando meglio si scopre poi che il 37% di tutti i minori italiani (3 milioni e 700 mila bambini e adolescenti) vive concentrata nel 16,6% del territorio nazionale – la superficie delle istituende città metropolitane -, e che 1 milione e mezzo di bambini crescono all’interno degli 11 grandi centri urbani con una popolazioni superiore ai 250 mila abitanti: metropoli come Roma, in testa alla classifica per numerosità totale con quasi mezzo milione di minori, o come Napoli, Milano e Torino, dove si incontrano più di mille bambini per chilometro quadrato.
La strada delle preoccupazioni: 10 milioni di minori, 37 milioni di macchine
L’esplosione automobilistica degli ultimi decenni – con oggi 37 milioni di macchine per 10 milioni di minori – ha cambiato radicalmente le abitudini delle famiglie e il rapporto con gli spazi e i tempi della vita quotidiana. La strada si è fatta luogo di transito delle preoccupazioni dei genitori e ha perso la sua vocazione naturale di luogo di incontro, apprendimento e gioco, avventura e conoscenza.
In media, tra i bambini 3 – 10 anni, solo 6 su 100 la utilizzano per giocare (6,4%), con picchi in Umbria (14%) e Trentino, e deserti ludici nel Lazio (2,5%), in Liguria, Piemonte e Campania. Ma anche i cortili condominiali sono uno spazio di gioco solo per il 25,5% dei bambini (3-10 anni) con maggiore fortuna per i bambini dell’Emilia Romagna (39,2%) e il picco in negativo della Basilicata (11,2%). Per non parlare dei prati o campi, spazi ludici solo per un 14,2% di fortunati, che diventano ben il 41,2% nella provincia di Bolzano per assottigliarsi a uno sparuto 3,9% in Sicilia.
I parchi pubblici restano lo spazio di gioco più frequentato (dal 38,4%) dai minori nella fascia di età 3-10 anni, con, tuttavia, grandi differenze territoriali: mentre al Nord e al Centro vi fanno ricorso in media più di 2 bambini su 3 (e in quasi tutte le regioni del Nord più di 1 bambino su 2), al Sud, dove l’offerta di spazi attrezzati è sensibilmente ridotta, la fruizione dei giardini scende al 16% e sale al 12% la percentuale di bambini che gioca nei vicoli.
Stanze poco accoglienti e precarie
Circa 700 mila bambini e ragazzi vivono in famiglie che dichiarano il loro appartamento poco luminoso[2] , 1 milione e 300 mila in famiglie che denunciano situazioni di sovraffollamento, carenza di servizi e problemi strutturali[3] , 2 milioni e 200 mila minori – quasi uno su quattro – in nuclei familiari che dichiarano di abitare appartamenti umidi, con tracce di muffa alle pareti e soffitti che gocciolano[4] .
Nel 2013, 65.302 famiglie (+8,3% rispetto al 2012) hanno ricevuto l’ingiunzione di sfratto per morosità e 31.000 sono stati gli sfratti effettivamente eseguiti.
I disconnessi culturali
I dati sulla partecipazione dei bambini e dei ragazzi italiani ad alcune attività culturali sono poco incoraggianti: quasi 5 minori 6-17 anni su 10 non hanno mai letto un libro durante l’anno (47,9%), 6 su 10 non sono stati in un museo (60,8%), 7 su 10 non hanno visitato un’area archeologica (73,7%) e non sono andati a teatro (72,1%), più di 8 su 10 non hanno ascoltato un concerto (84,9%). Grandi sono anche in questo caso i divari territoriali: ad esempio, la percentuale dei minori che non leggono oscilla dal 69,5 della Calabria al 25,7% del Trentino.
L’avanzata delle povertà
La deprivazione culturale va di pari passo con quella economica: 1 milione 434.000 (pari al 13,8% del totale dei minori) sono gli under 18 in povertà assoluta, quindi addirittura privi del necessario per vivere un vita quotidiana dignitosa. Di essi 376 mila minori (67 mila bambini fino a sei anni e 309 mila bambini e adolescenti tra i 7 e i 17 anni) si sono aggiunti nel solo 2013, in particolare nel Mezzogiorno dove la percentuale di minori in povertà assoluta sale in media al 19%, con punte in Calabria (29%), Sicilia (24,7%), Sardegna (22,2%), Puglia (18,2%).
2 milioni 400 mila sono invece i minori (quasi 1 su 4, per l’esattezza il 23%)[5] in povertà relativa, cioè in famiglie con un reddito molto basso e quindi costrette a tagliare dove possibile, diminuendo la qualità e quantità di cibo, per esempio (il 68,9% di nuclei con bambini è in questa situazione), o rinunciando a viaggi, cultura,sport, svaghi. Non si permettono mai un viaggio e una vacanza lontano da casa il 51,6% di famiglie con almeno 1 minore, a fronte del 40% nel 2010. Fanno sport solo il 46,3% di adolescenti, in particolare le ragazze praticano sport molto meno dei maschi (40,1% contro 50,7%), con picchi di inattività soprattutto nel Mezzogiorno (dove la percentuale di teen ager inattivi schizza in avanti di 22 punti percentuali).
L’arretramento dei servizi per la prima infanzia
Nell’anno scolastico 2012/2013 soltanto 13,5 bambini tra 0 e 2 anni su 100 frequentavano i nidi pubblici e convenzionati. Nonostante il varo di un Piano Straordinario nel 2007, interrotto poi bruscamente nel 2010, negli ultimi 10 anni in Italia l’indicatore di presa in carico è aumentato di appena 2 punti percentuali, rimane lontano dall’obiettivo europeo del 33%, e continua a presentare fortissime disparità territoriali tra Nord e Sud del paese. Non solo. Negli ultimi due anni si osserva una leggera flessione dei bambini che frequentano i nidi comunali e gli altri servizi integrativi, imputabile in parte alle difficoltà dei comuni a garantire i servizi in tempi di tagli ai bilanci, in parte alle difficili condizioni economiche delle famiglie durante la crisi.
Scuole a “tempo limitato” e scuole open spaces
Anche la scuola fa acqua da molte parti, documenta il 5°Atlante dell’Infanzia. Il 70% degli edifici ha più di 30 anni e il 43% bisognoso di interventi di natura edilizia[6] ; ai problemi strutturali si aggiungono fattori come l’invecchiamento[7] , la precarizzazione e i bassi livelli di formazione e di valutazione del corpo docente, i cui standard di perfezionamento e di formazione continua sono inferiori di oltre 10 punti ai loro colleghi europei[8] . Altro fattore determinante è la limitazione del tempo scuola: in nessuna delle regioni italiane le scuole primarie e medie a tempo pieno superano il 50%; per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, l’unica regione a superare la soglia del 40% è la Basilicata, mentre in ben 6 regioni la percentuale di copertura scende sotto il 15%.
Un insieme di cose che spiega, almeno in parte, le basse competenze di tanti studenti italiani nei programmi di valutazione internazionali e gli alti livelli di dispersione scolastica: ben il 17% degli studenti interrompe il percorso scolastico fermandosi al diploma della scuola media. Una delle percentuali più alte d’Europa, con indici superiori solo per la Grecia (23%), Malta (21%), Portogallo (19%) e Romania (18%).
“L’ inadeguatezza del nostro sistema scolastico è il frutto di anni di disattenzione e briciole di investimenti che ci hanno posizionato in coda all’Europa in quanto a spesa pubblica per l’istruzione[9] ”, commenta ancora Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. “Negli ultimi mesi sono giunti dal governo segnali positivi in questo ambito cruciale, ma tutti quanti dobbiamo aumentare gli sforzi affinché la più importante infrastruttura sociale del nostro paese torni ad essere un punto di riferimento solido anche per i bambini e le famiglie in condizione di particolare disagio”, prosegue. “Save the Children chiede inoltre al governo e alle istituzioni di varare interventi e politiche in grado di aumentare l’offerta dei consumi educativi, rendendo accessibili a tutti spazi e opportunità sportive, culturali e di svago. Una potente iniezione di stimoli culturali in aree che ne sono sprovviste, può aprire prospettive nuove nella vita dei ragazzi, come ci raccontano loro stessi nell’Atlante. Seguiamo l’esempio della “generazione parkour” che non si arrende allo squallore metropolitano ”, conclude il Direttore Generale di Save the Children Italia.