Linda Brunetta è presidente dell’Associazione nazionale Autori radiotelevisivi e teatrali e il premio Ideona (ANART). Con lei vogliamo partire dall’affermazione che il diritto d’autore è lavoro.
Dopo il convegno del 29 ottobre L’ANART che posizione ha sul diritto d’autore per i contenuti che sono distribuiti dalle nuove piattaforme digitali: è riconosciuto l’equo compenso?
L’Anart, come molte altre associazioni e sindacati che rappresentano gli autori, ritiene che i contenuti tutelati dalla Legge sul Diritto d’autore debbano essere compensati per tutte le loro utilizzazioni, che siano piattaforme digitali o emittenti tradizionali. Esistono già dei contratti di licenza Siae-You Tube per i contenuti musicali e cinematografici. Stiamo trattando anche per il riconoscimento dei contenuti audiovisivi di intrattenimento, clip comiche, ecc. che per esempio Rai ha “venduto” a You Tube, ricavandone un beneficio economico, riscontrabile con la pubblicità che appariva prima delle clip, senza però chiedere agli aventi diritto il permesso e senza remunerali di conseguenza. La questione è stata nel frattempo superata perché Rai ha imposto a You Tube, come aveva già fatto Mediaset, la cancellazione dei “suoi” contenuti. Durante tutto il periodo precedente questa decisione gli autori non hanno percepito alcun compenso, quindi è indispensabile che ci siano regole chiare di compensazione per la utilizzazione di opere tutelate e sfruttate a fini commerciali attraverso internet.
Cosa pensi di coloro che vogliono Internet e tutte le sue applicazioni senza pagare l’equo compenso in ragione della pubblicità che la rete farebbe ai contenuti multimediali?
La rete è un’ utile vetrina per i contenuti, ma i primi che chiedono la possibilità di utilizzarli gratuitamente sono coloro che ne ricavano un vantaggio, evidentemente enorme dati i riscontrabili guadagni di chi “ospita” i contenuti stessi, rivendendo i profili degli utenti e potendo inserire pubblicità mirata. All’inizio della carriera artisti ed autori possono utilizzare la rete per farsi conoscere, ma chiunque ritenga di poter proseguire in questi mestieri, sa ovviamente che senza un compenso qualsiasi “carriera” non può evolvere. Per il settore audiovisivo sono proprio i giovani autori di web series, anche di grande successo in termini di milioni di “clikkate”, che vorrebbero venire compensati.
Il Governo sta studiando la possibilità di trasformare la riscossione del Canone TV in una tassa. Questa proposta potrebbe portare introiti più alti, al governo e alla RAI. E’ possibile a vostro giudizio prendere ad esempio la legge 122/98 sulla fiction, e chiedere al parlamento che riservi una quota della nuova tassa del canone per i contenuti di fantasia e creatività, ovvero all’intrattenimento ideato e realizzato in Italia proprio per valorizzare il nostro modello culturale a partire da un capitolo specifico del contratto di servizio prima della firma tra RAI e Stato?
E’ assolutamente auspicabile che venga riservata nel contratto di servizio una quota di programmazione per i contenuti originali italiani relativi all’intrattenimento radiotelevisivo, allo scopo di ovviare alla pratica dell’acquisto di format stranieri che gli autori italiani hanno il compito di adattare. È indispensabile una strategia di produzione ed esportazione di contenuti italiani con una visione del mercato globale. In questo contesto l’Anart sta operando per inserire il format fra le opere tutelate dalla Legge sul Diritto d’Autore, dato che, senza la tutela dei diritti, non ci sarebbe alcun vantaggio per gli autori.
Siete d’accordo che il diritto d’autore deve essere armonizzato in tutta Europa soprattutto pensando ai social network?
Assolutamente sì, però con una visione più tutelante dei contenuti, come richiedono gli autori di tutta Europa.
Siete d’accordo che il diritto d’Autore in Italia sia regolamentato dall’AGCOM?
Sì. Il diritto d’autore è regolato dalla Legge sul Diritto d’Autore. L’Agcom ha il compito di intervenire su richiesta degli autori per rimuovere un contenuto protetto utilizzato senza permesso. Per gli autori che rappresentiamo è un valido sistema, ovviamente perfettibile, per evitare l’utilizzazione illegale delle opere.
Siete d’accordo con il neo Commissario alla Digital Economy, Günther Oettinger, che presenta il suo Piano per rilanciare l’economia digitale e tra le priorità mette gli investimenti nelle infrastrutture tlc, per le quali ci vorranno almeno 200 miliardi di euro, e la riforma del diritto d’autore?
Da un lato ci preoccupa lo spostamento dalla Commissione Mercato Interno del solo “diritto d’autore”, che era ovviamente inserito nella struttura “proprietà intellettuale” con l’intento di svilupparlo armonicamente e uniformemente all’interno del mercato europeo, alla Direzione Generale Connect, cioè innovazione tecnologica, in compagnia dei grandi player delle comunicazioni, grandi motori di ricerca, grandi strutture di trasmissione dati. Innanzi tutto perché stiamo parlando anche di diritto di prestito, diritti degli artisti, definizioni di varie opere, anche attinenti al teatro. Perché dovrebbero essere regolati al meglio in una struttura che si occupa fondamentalmente di innovazione tecnologica? Nei fatti con chi in questi anni di assenza di regole ha fatto giganteschi guadagni con i nostri contenuti culturali, nei fatti abbattendo migliaia di posti di lavoro, creandone invece pochissimi? D’altro canto le recentissime dichiarazioni di Oettinger: “Vogliamo che aziende come Google aderiscano alle norme europee sul diritto d’autore”, sono incoraggianti. A conferma che non è il “diritto d’autore” che va aggiornato, spesso con la scusa di “aggirarlo”, ma sono “ i padroni della rete”, che si devono adeguare, remunerando per il loro lavoro i fornitori di contenuti. La Legge italiana sul diritto d’autore è ottima, continuamente aggiornata, ha già recepito 17 direttive europee. Potrebbe esserlo ancora di più, andare molto più di pari passo con l’innovazione tecnologica, se non fosse diffusa l’ assenza di cultura del diritto d’autore e un vasto pregiudizio sul nostro lavoro. Lo abbiamo riscontrato proprio in occasione del Decreto per l’adeguamento dell’equo compenso per la Copia Privata, che nei fatti era proprio un adeguamento all’innovazione tecnologica e sembrava invece un attentato alle tasche degli utenti. Qualcuno ha persino detto, (in ambito Commissione Cultura!) che era una ennesima tassa per le povere famiglie italiane. Non mi pare che meno di 5 euro su 700 ( che è il prezzo medio di uno smartphone),cioè il costo di due app, o di due coni gelato, per avere la facoltà di copiare tutti, e sottolineo tutti, i contenuti artistici e culturali, sia da stigmatizzare così duramente. In Gran Bretagna è un reato penale. Ritengo che dovremmo riformare prima la visione degli utenti, fra i quali mi annovero, sul lavoro di chi produce contenuti artistici e culturali e di spettacolo. Siamo decine di migliaia, centinaia di migliaia considerato l’indotto. Dovrebbe essere il “core business” del nostro paese.