«Se ascoltiamo davvero possiamo scoprire che non c’è notte tanto buia nella quale non brilli un piccola stella lontana…» questo forse è il principale messaggio di “Oltre le barriere”, Pioda editore, libro di Girolamo Furio e Sandro Montanari che sarà presentato a Roma, domenica 30 novembre, alle ore 17.00, nella sala convegni dei Cappuccini in via Veneto 21.
Il dibattito sarà accompagnato da brani musicali dal vivo e brevi letture.
Il libro nasce da un viaggio generoso nelle periferie esistenziali… i numerosi contributi e le testimonianze formano un interessante mosaico interdisciplinare ed offrono una pluralità di punti di vista sulla “disabilità”, intesa come condizione nella quale ciascuno di noi può venirsi a trovare in una società che tende ad emarginare i più vulnerabili… come i vecchi, i poveri, i malati e i bambini.
La presentazione di Giuseppe Marciante, Vescovo Ausiliare di Roma
Cosa sono le “periferie”? Da un punto di vista strettamente sociologico – come ha avuto modo di osservare il cardinale Angelo Bagnasco – le periferie sono i luoghi e le situazioni di emarginazione dal centro più profondo dell’umano, vale a dire dalla verità, dall’amore, dalla giustizia, sono le periferie sociali della povertà, della disoccupazione, della gente che non conta nella logica del potere dell’efficienza e che non ha, di fatto, rilievo sociale; sono quelle categorie di persone indicate da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium come lo “scarto”. Sono le “nuove forme di povertà e fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente”, cioè: … i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, [e ancora] coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone […] nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini [utilizzati] nell’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato, […] le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, […] i bambini nascituri che sono i più indifesi e innocenti di tutti (Evangelii Gaudium, 210-213).
L’arcivescovo Jorge Mario Bergoglio nelle sue peregrinazioni pastorali presso le villas miserias nella periferia di Buenos Aires ha avuto modo di toccare con mano la povertà del popolo dei migranti, si è avvicinato ai cabesitas negras, discendenti degli antichi schiavi delle zone della coltivazione della canna da zucchero delle valli calde del nord dell’Argentina o dei lavoratori del porto di Buenos Aires durante il periodo coloniale.
All’origine del nome Francesco, scelto dal cardinale Bergoglio, sta proprio l’attenzione alle periferie e l’amore verso i poveri e i sofferenti, come da lui stesso rivelato ai giornalisti nella sua prima conferenza stampa.
Possiamo dire che i cardinali elettori, scegliendo Bergoglio al soglio pontificio, un cardinale venuto dalla “fine del mondo”, hanno portato tutte le periferie al centro dell’attenzione del mondo. Con questo Papa tutto il mondo è arrivato a casa nostra; il mondo intero con le sue periferie irrompe nella nostra esistenza e ci dice che non è più tempo di tardare, di crogiolarsi. È tempo di svegliarsi!
Due parole – povertà e periferie – stanno caratterizzando, più di altre, l’inizio del pontificato di Papa Francesco. I due termini sono strettamente collegati e hanno una precisa valenza sociale. Il Papa parla di questi temi non in termini astratti, ma portando l’esperienza, il significato, la realtà viva e drammatica di chi ha vissuto per molti anni nella periferia del mondo.
L’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium indica il cammino della Chiesa per i prossimi anni: annunciare Cristo, il vangelo della gioia, privilegiando anzitutto i poveri e gli infermi verso i quali il Santo Padre propone un opzione che è “categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica”. L’invito del Papa è quello di “scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro”. Ripete spesso che i poveri sono la carne di Cristo. Il Capitolo IV dell’Esortazione descrive la dimensione sociale dell’evangelizzazione, anzitutto attraverso l’inclusione sociale dei poveri. Un’attenzione particolare è riservata a risolvere le cause strutturali della inequidad:
Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi” (op. cit., 53).
Al contempo evidenzia il bene di tanti operatori pastorali nelle periferie impegnati ad abbattere i muri della discriminazione.
Attraversando le fragilità e le sofferenze umane, il libro Oltre le barriere compie un viaggio coraggioso, dando voce a quelle persone che “troppe volte diventano invisibili ed abitano periferie esistenziali nelle quali rischiano di rimanere ingabbiati”. Dalle interessanti riflessioni e dalle toccanti testimonianze raccolte nel volume emerge come la diversità, la varietà, in una nuova logica di relazione e di incontro, si riveli quale ricchezza e opportunità per tutti.
Da questa presa di coscienza parte il progetto Oltre le barriere e si aprono i percorsi di inclusione sociale promossi dalla comunità parrocchiale di San Felice da Cantalice di Roma.
I cristiani da oltre duemila anni sanno che non ci sono barriere invalicabili dal momento che Cristo ha abbattuto il muro di separazione tra noi e Dio (Ef 2,13-18).