di Giulia Baruzzo*
”No me cansé, quiero justicia” – “Non mi sono stancato, voglio giustizia” è l’urlo oggi delle nuove generazioni messicane al presidente Peña Nieto, dopo il ritrovamento (accertato?) dei 43 “normalistas” (studenti-insegnanti) della Normal Rural di Ayotzinapa, che il 26 settembre scorso a Iguala stavano raccogliendo fondi per partecipare alla marcia commemorativa della strage del 2 ottobre 1968 a Città del Messico, insieme ad altri circa 40 studenti. Facevano attività politica, urlavano le ingiustizie. Ed il governo messicano, in stretta collaborazione con i cartelli del narcotraffico, ha riesplicitato anche in questa occasione la strategia di eliminazione di tutte le voci d’opposizione. La città di Iguala è uno snodo chiave del traffico di droghe sintetiche e marijuana in Messico, egemonizzata dal cartello Guerreros Unidos, e gli omicidi di sindacalisti, attivisti sociali, oppositori politici e l’incarcerazione di rappresentanti dei movimenti di resistenza sono una costante. Ed il silenzio e l’omertà qui quotidianamente fanno da cornice alla paura. Anche grazie alla solidarietà internazionale, i giovani, i familiari delle vittime, gli attivisti, le associazioni del Paese più grande del Centroamerica ora non smettono di urlare “Todos somos Ayotzinapa” – “Tutti siamo Ayotzinapa”. Perchè questi studenti non sono che gli ultimi cadaveri di una guerra invisibile. Il Messico ad oggi conta poco meno di 27.000 desaparecidos / scomparsi. Mai ritrovati. Ed è su questa partita che ha inizio la vera lotta sociale di oggi.
Dopo la guerra armata promossa dall’ex presidente Calderón contro il narcotraffico che, invece di mitigare, ha fatto dilagare la violenza e la corruzione in ogni ambito socio-economico e politico del Paese, anche l’attuale presidente Nieto ha proseguito sulla linea della “tolleranza zero”. In questo processo politico di inasprimento della violenza per obiettivi di “ordine e sicurezza”, i cartelli, la criminalità organizzata e le bande locali non hanno fatto altro che arricchirsi, diffondersi e radicarsi nei più disparati ambiti della vita economica e politica messicana. Dal traffico di droga, al traffico di essere umani alle frontiere – con il fenomeno dei migranti illegali, al traffico di organi; dalle sparizioni di migliaia di innocenti ai femminicidi, agli omicidi di giornalisti impegnati; dalla pesante corruzione di pubblici ufficiali, alla collusione di politici con i grandi cartelli del narcotraffico. Los narcosi appunto, e l’avvento del capitalismo dell’ultimo ventennio, hanno distrutto antiche logiche valoriali che in Messico si basano sui concetti della terra, la pachamama, e sul condividere, compartir, sostituendoli con il denaro e l’individualismo; aprendo la strada alla competitività al ribasso ed abbassando ancor di più il valore umano della persona, già molto fragile di per sé in questo Paese.
Questa guerra, invisibile al mondo intero, ma viva nel quotidiano di ogni messicano, dove si cammina a testa bassa per paura o per disperazione, non si è placata negli anni. L’unica cosa che è cambiata è che i messicani migliori hanno iniziato a parlarne. Rischiando la vita, raccogliendo bambini e ragazzi per strada, portando in Europa il messaggio di un popolo in guerra con se stesso. Libera, attraverso la promozione della rete ALAS, America Latina Alternativa Social, per la costruzione di una rete latinoamericana di solidarietà e scambio di buone pratiche, ha conosciuto molteplici realtà del mondo sociale messicano, come Cauce Ciudadano a Città del Messico, che aiuta ogni anno 3000 giovani strappandoli alla criminalità organizzata. In collaborazione con questa associazione, dopo aver ospitato più volte in Italia il fondatore Carlos Cruz, per capire e confrontarsi sulla strategia da attuare insieme, ha promosso una campagna specifica, che denunciasse la guerra invisibile che sta distruggendo il Paese. E’ nata così nel dicembre 2012 “Pace per il Messico, Mexico por la Paz”. Attraverso un dossier documentato direttamente dai protagonisti messicani, l’utilizzo dei web media ed il lavoro di advocacy, si vuole, oltre a diffondere la conoscenza sulla situazione attuale in Messico, creare un modello-base di esercizio della democrazia, per mezzo della difesa dei diritti umani e la cooperazione transnazionale.
Grazie a questi strumenti, ed all’incontro diretto in Messico e in Italia dei partner oltreoceano, è stata promossa la campagna, mantenendo alta l’attenzione su questo Paese e permettendo di moltiplicare gli interlocutori. Dall’anno scorso anche i familiari di desaparecidos delle organizzazioni FUNDEC e FUNDEM collaborano a questo scambio di buone pratiche, contrastando l’isolamento delle vittime attraverso una rete sociale organizzata, con l’obiettivo di ottenere Verità e Giustizia, che fino ad oggi non hanno mai avuto. Il risalto avuto dagli avvenimenti di Ayotzinapa è quindi solo la punta dell’iceberg. Ed insieme ai fratelli messicani, Libera lo urla già da tempo. Ora, purtroppo attraverso una tragedia, la società civile messicana prova a rivendicare tutti i soprusi che quotidianamente avvengono in Messico. Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie ha deciso di trasformare la memoria di questi ragazzi in impegno concreto ed ha richiesto la immediata creazione di una Commissione per la Verità e la Giustizia, una Commissione indipendente, assistita tecnicamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite ed i cui componenti vengano approvati dalle famiglie delle vittime. E’ la prima volta che avviene una richiesta del genere da parte della società civile, italiana e messicana insieme, e a cui fa da contorno l’impegno quotidiano di tanti cittadini messicani invisibili ai media nazionali ed internazionali.
Un percorso che nasce per “ritornare al valore profondo di resiliencia, che il Messico insegna essere la risposta di un gruppo capace di far fronte a situazioni avverse rafforzandosi attraverso di esse, usando il dolore e la rabbia come coraggio e speranza per il domani”. Un percorso che vuole “rivendicare un mondo che si trasformi radicalmente, in modo non-violento, basato sulla creazione di nuovi modelli di vivere, convivere, concepire, produrre, dinamizando el cambio civilizatorio”.