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La trattativa, da Cirilllo alle stragi ’92-93

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Chi, come il sottoscritto, ha avuto la fortuna di conoscere personalità come quella di Pio La Torre ,che gli italiani (con alcune eccezioni importanti) hanno dimenticato troppo rapidamente) e Giovanni Falcone che è stato più difficile dimenticare, vedono oggi-dopo la deposizione del presidente Napolitano al Quirinale-in una luce diversa rispetto al passato. Quel capitolo, ancora in parte oscuro, su cui sta ora indagando la Corte di Assise di Palermo e magistrati dell’accusa come Paolo Teresi e Nino Di Matteo(dopo che Gian Carlo Caselli e  Antonio Ingroia avevano inco minciato l’indagine una quindicina di anni fa) è stato, infatti,  confermato nell’udienza del Quirinale e dopo gli ultimi episodi per il mestiere che faccio( quello di ricostruire frammenti del passato) appare, almeno in parte, un poco meno oscuro.

Credo che si possa dire- senza esagerare- che le associazioni mafiose sono state in tutta la nostra storia nazionale ma con particolare  forza, dopo la seconda guerra mondiale, attori non secondari sulla scena. E, per rendersene conto con chiarezza, basta partire, invece che  dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio che hanno segnato, per certi aspetti, il culmine dell’attacco mafioso al cuore dello Stato e l’inizio di una reazione più forte da parte di alcune forze politiche e istituzionali, seppure carente sul piano parlamentare e culturale, dal rapi mento dell’assessore democristiano della Regione  campana al Lavoro Ciro Cirillo.  Cirillo, legato alla corrente  del potente ministro doroteo Silvio Gava, era stato eletto presidente della Provincia di Napoli nel 1969 e rimasto tale fino alle successive elezioni del 1975. ,nel 1979 era diventato  presidente della Regione Campania e nel 1981 assessore regionale al Lavoro della medesima Regione. Il 27 aprile di quell’an no fu rapito dalle Brigate Rosse a Torre del Greco e liberato dopo 89 giorni di sequestro con una “mediazione” che vide all’opera il faccendiere a quei tempi noto e legato ai nostri Servizi Segreti, Francesco Pazienza e al capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo. Per quella vicenda, il giudice Carlo Alemi chiamò in causa anche Antonio Gava, figlio di Silvio e anche lui politico della Democrazia Cristiana.

Come allora scrissero alcuni quotidiani senza essere smentiti, Cutolo incontrò nel carcere di Ascoli Piceno incontrò esponenti nazionali della DC, vertici dei Servizi Segreti  civili e militari(tra l’altro quasi tutti appartenenti alla P 2 di Licio Gelli; di cui faceva parte anche il prefetto Vincenzo Parisi, futuro capo della Polizia negli anni Novanta, ai tempi delle stragi siciliane del ’92 e delle bombe di Roma, Milano e Firenze nel 93). Cirillo era stato rapito ,come ho detto,  dalle Brigate Rosse che avevano emesso un eloquente comunicato: “Abbiamo espropriato al boia Cirillo, alla sua famiglia ,al suo partito di affamatori, alla sua classe di sfruttatori un sacco di soldi. E’ condannato a morte in quanto boia della speculazione del terremoto.”  In quell’occasione, al capo della Camorra Organizzata fu promessa la scarcerazione e la gestione di tutti i sub-appalti  della ricostruzione post-terremoto. L’allora presidente del Consiglio Ciro De Mita disse del giudice Alemi che “è un giudice che si è posto fuori del circuito istituzionale”. E quando Cirillo fu liberato, i Servizi Se greti bloccarono la polizia e presero in custodia l’ex assessore. E a casa di Cirillo appena liberato si presentarono il ministro dell’Interno Gava e il segretario nazionale della DC, Flaminio Piccoli.

Chi tentò di indagare come il vicequestore e capo della Squadra mobile napoletana Antonio Ammaturo venne ucciso senza esitazioni.   Ma nulla si è saputo sulla vicenda di quello che dissero allora i giornali, se si esclude una intervista al giornalista Giuseppe D’Avanzo e le poche(ma precise  pagine) scritte dallo storico inglese John Dickie nel suo libro, uscito l’anno scorso da Laterza Mafia Republic.


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