Basilico, Berengo Gardin, Bossaglia, Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, Jemolo, Koch: nove sensibilità diverse a tu per tu con il racconto per frame della Capitale, in un periodo – dal 1986 al 2006 – in cui la città cambia il volto. E, insieme al volto, cambia anche la tecnologia che s’incarica di narrarlo, con l’analogico che lascia campo libero al digitale. La seduzione visiva si fa sempre di più alla portata di tutti e, ancor di più, è la capacità espressiva di chi guarda e racconta per immagini, mettendo in gioco la sua abilità selettiva, a fare la differenza. Roma che si trasforma, dunque, e la macchina fotografica- quella che Susan Sontang battezzò “freezing machine” – che ferma in dettagli e scorci la sua lenta traiettoria nel tempo. “San Pietro, Castel Sant’Angelo, piazza Navona, il Pantheon – sono parole della curatrice, Anita Margiotta – compaiono accanto a scene di vita quotidiana in Trastevere, a Campo dei Fiori, alle fermate degli autobus, nel traffico cittadino già caotico e, inoltre, vediamo i cantieri delle grandi opere pubbliche che hanno accompagnato l’arrivo del Duemila”.
Ma non c’è solo la documentazione, in questa esposizione. Non principalmente, quantomeno.
Accanto alla curiosità antropologica di chi cerca di ritrovare nella “Roma in posa” scorci più o meno familiari, c’è soprattutto una intensità diversa nel raccontarla, attraverso la giustapposizione di 80 scatti molto efficaci, disponibili allo sguardo del pubblico fino all’8 marzo 2015.
Si conosce cioè un po’ di più del paesaggio urbano e di chi lo abita solo attraverso un’intuizione, una idea, una composizione inseguita o fortuita afferrata fra piazze, strade, monumenti, o tutte le cose insieme.
Perché raccontare Roma senza incappare nello scontato non è mai esperimento dall’esito certo.
E che sia “pausa contemplativa” o “momento di conoscenza” (le definizioni sono di Eugenio Turri), la fotografia di questi nove professionisti dello scatto accompagna lo spettatore in un percorso nello spazio e nel tempo mettendo alla prova la nostra capacità di ascolto.
Alle “Pedici del Campidoglio”, in “Via di Porta Ardeatina”, in “Via Liguria” con Basilico; a sorprendere “Sposi nel cortile di palazzo dei Conservatori” o a immalinconirci in una “Piazza Navona sotto la pioggia” con Berengo Gardin; sulla “Terrazza dell’Aventino” con Roberto Bossaglia; a contemplare il busto di “Madama Lucrezia” o “Il Pantheon di notte” grazie a Giovanni Chiaramonte; a fare un salto nella “Gelateria a fontana di Trevi” con Mario Cresci; a scrutare di notte il Pincio o Trinità dei Monti grazie a Luigi Ghirri; a riscoprire Rioni con Guido Guidi, o Roberto Koch, mentre è Andrea Jemolo che ci traghetta abilmente nella Roma del Nuovo Millennio, “svelandoci” la sede dell’Ikea a Porta di Roma o il Cantiere del Maxxi (2006).
E certo, dopo questo interessante percorso allergico all’ovvio, non ci si sente inibiti, a colloquio con il paesaggio urbano della Città Eterna. Se mai, meno prigionieri della odierna tirannia del selfie. Che non è poco.
Mostra – Basilico, Berengo Gardin, Bossaglia Chiaramonte, Cresci, Ghirri, Guidi, Jemolo, Koch.
Dove – Museo di Roma – Palazzo Braschi – Sale espositive piano terra
Ingresso da Piazza Navona, 2 e da Piazza San Pantaleo, 10