In epoca di militanza on line, serve ancora andare in piazza?
Me lo chiede un amico che sa quanto usi il computer per far circolare le idee e cambiare le cose, proprio alla vigilia della manifestazione della Cgil (e Fiom) del 25 Ottobre. Sì, serve andare in piazza. Anzi, è l’unico antidoto al “clicktivism”, come lo ha chiamato Malcolm Gledwell, per indicare l’attivismo pigro (slackativism) di chi rimane chiuso nella propria camera a mandare messaggi in rete, rifiutandosi di partecipare alle manifestazioni.
Serve perché è un collante orizzontale di condivisione e verticale di rivendicazione . Serve perché manda un messaggio percepibile dal potere, che è disposto a considerare la qualità delle istanze solo dopo aver pesato la quantità dei mobilitati, ovvero lo spazio fisico che occupano (la piazza), le energie del dissenso che addensano, l’organizzazione con cui le valorizzano.
Una pressione che la militanza virtuale – utilissima nella creazione della pubblica opinione – ancora non ha sostituito.
E quando sono in pericolo diritti essenziali come la dignità del lavoro, vale più una bandiera di un “click”.
Ci vediamo in piazza.
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