Illuminare le periferie dimenticate. Più che il titolo di una “tavola rotonda” sull’informazione, mi piace pensare che possa diventare, in breve, un’azione programmatica e concreta.
Il matrimonio di George Clooney, tanto per citarne uno, ha monopolizzato le ore dell’informazione e della comunicazione fino quasi alla totalità, se non fosse stato per qualche annuncio governativo in tipico stile renziano che ha, anche solo per un attimo, distolto lo spettatore dal fagocitare immagini del bell’attore pronto a pronunciare il fatidico sì, di quelli e quelle che, in ghingheri e piattini, essendo invitati hanno vissuto il riflesso della popolarità dell’evento.
Perché la vita privata di un personaggio pubblico interessa e fa più notizia di uno dei barconi che quotidianamente fa naufragio a poche miglia dalle coste italiane? Perché il nuovo abito scintillante della starlette di turno interessa più dei diritti che ogni giorno vengono calpestati in ogni angolo del pianeta? Perché, a mio avviso, la comunicazione ha dimenticato il suo dovere di informazione, ha ceduto alle leggi del mercato televisivo, è imbrigliata nella tela dell’auditel ed è scesa a compromessi con il triste e inesorabile declino di valori di parte della contemporaneità. Alex Zanotelli ha lanciato un appello forte e deciso: la gente deve essere informata, non è sufficiente “dare la notizia”, i media hanno l’obbligo di raccontare e spiegare in maniera chiara la notizia.
E’ anche vero il contrario. Esistono realtà dell’informazione che questo dovere lo assolvono pienamente, spesso però in orari televisivi quasi dimenticati, dalla seconda serate in poi. Mi viene in mente il dossier di Valerio Cataldi, La neve la prima volta: il racconto di chi l’esperienza del centro di accoglienza per immigrati l’ha vissuta sulla propria pelle a cominciare dalla fuga dalla terra natale, uno strappo violento. E’ vero che fungono da una vita sofferta e sofferente, ma lo è altrettanto l’approdo a lidi migliori ed è per questo motivo che non bisogna lasciarli al buio ma illuminarli, soprattutto in quest giorni in cui partiti politici come la Lega manifestano nelle piazze al grido di “chi non salta musulmano è”. Immagini e voci che fanno accapponare la pelle. Il saluto romano che “torna di moda” assieme a cori razzisti e xenofobi fa paura, ma non perché li reputi un pericolo, ma perché, pensare che ci siano persone giovanissime, con zero memoria storica, che alzano il braccio destro lo considero un esempio di scarsa cultura e bassa moralità.
Va fatta, però, anche un po’ di autocritica: spesso, anche se le “nostre” richieste vengono esaudite, le lasciamo lì, non diamo loro il giusto riconoscimento che meriterebbero.
Allora, se facessimo ognuno la propria parte le cose potrebbero cambiare. La comunicazione che informa diventerebbe una realtà concreta.
E’ questo quello che spero nasca dall’incontro di Assisi: che le periferie vengano illuminate ma che la luce on resti inutilmente accesa. Sarebbe solo un grande spreco.