Ci sono momenti in cui tutto quello che ho scritto e le attività che ho promosso contro la discriminazione ponderale mi appaiono un’inezia. Oggi sono tornata col pensiero alla ragazzina di 12 anni che lo scorso anno tentò il suicidio perché presa di mira dai suoi compagni di scuola a causa del suo peso, mi chiedo se sia sopravvissuta, come stia adesso. Da quando sono venuta a conoscenza della notizia del quattordicenne ridotto in fin di vita da 3 adulti non riesco a rimanere calma, faccio fatica ad elaborare un pensiero lucido riguardo questa terribile vicenda. Il ragazzino a quanto pare era già stato vittima di bullismo per via del suo peso, ieri 3 ventiquattrenni lo hanno fermato, gli hanno usato violenza tramite la pistola di un autolavaggio e gli hanno sparato nell’intestino aria compressa. All’assurdità di una cattiveria così inaudita vanno sommati i commenti dei familiari di questi 3 delinquenti, persone che hanno minimizzato l’accaduto dicendo che quei 3 sono bravi ragazzi e che il tutto è stata una stupidaggine, uno scherzo finito male. Ho riflettuto sulla condizione sociale di chi, come i protagonisti di questa vicenda, vive in un quartiere degradato, ho pensato alla sofferenza che già da tempo doveva vivere il quattordicenne per via del bullismo. Ho pensato a quante volte le persone in sovrappeso vengono prese di mira e quanto questo sia in gran parte socialmente accettato, perché troppo spesso il pensiero comune è che se sei grasso è unicamente colpa tua e quindi devi essere deriso, umiliato affinché questo possa esserti da input per permetterti di correre ai ripari. La discriminazione ponderale supera di gran lunga quella razziale e quella sessuale, ma raramente nelle famiglie e nelle scuole si parla di questo. Solo negli ultimi anni alcuni blogger come Paolo De Andreis o Simone Corami hanno affrontato l’argomento, solo da pochi giorni è uscito nelle librerie lo splendido lavoro del pedagogista Francesco Baggiani «P(r)eso di mira». Sicuramente l’ambiente dove vivono la vittima e i carnefici può aver influito in questa ultima drammatica vicenda, una mia amica a questo proposito mi ha detto: «Lo stupido che commette un gesto del genere lo fa ovviamente solo nei confronti di chi pensa incapace di reagire. Non si permetterebbe mai di farlo con il boss di turno. Fa così perché sente il bisogno di agire con prepotenza su qualcuno per non sentirsi una nullità, perché nel suo ambiente lo hanno sempre giustificato. Fondamentalmente è un vigliacco, un codardo senza possibilità di redenzione.»
Questo mi ha fatto pensare alle parole che la settimana scorsa una persona saggia mi ha riferito riguardo la società in cui viviamo, questa persona mi ha raccontato che è quando un adulto è marcio è veramente difficile che possa cambiare, se desideriamo un sano cambiamento allora dovremmo occuparci dei bambini, dei giovani. Questa persona mi ha raccontato delle tante iniziative che l’Istituto da lui rappresentato ha promosso in Italia, mostre itineranti riguardo il rispetto dei diritti umani, installazioni che mirano a sensibilizzare la popolazione sul pericolo delle armi atomiche e la loro assurdità, iniziative queste che si rivolgono all’intera popolazione ma che mirano principalmente alla partecipazione dei giovanissimi.
Alla luce di questo, nonostante il sentimento di amarezza che mi pervade, penso che l’unico cambiamento possibile, affinché sia risolto anche il problema del bullismo fra i ragazzi, sia la creazione di una cultura diversa basata sul rispetto di tutti. Probabilmente ci vorrà molto tempo, ma non vedo altre strade. Un impegno questo che sento di dovere alla dodicenne che tentò il suicidio lo scorso anno e al quattordicenne che in questo momento sta lottando per sopravvivere, impegno che dovrebbe coinvolgerci tutti, come genitori, educatori, come cittadini italiani.