Secondo l’ISTAT e la CGIL, grazie alle le statistiche compilate con le nuove regole europee, gli impiegati dello Stato hanno perduto, in termini di potere di acquisto di ogni famiglia, circa cinquemila euro all’anno, il numero dei precari-per la mancanza del turn over-si è impennato e ha raggiunto il numero di trecentomila e l’età media della categoria ha raggiunto per la prima volta nelle storia i 57 anni. Il ministro della Funzione Pubblica Madia ha detto che si può prevedere un ammorbidimento del turn-over ma non si può parlare affatto di riapertura della parte economica dei contratti perché “i soldi non ci sono” e con ogni probabilità il rinnovo dei contratti non scatterà neppure il prossimo anno. Nel 2015, invece, potrebbero ripartire gli scatti di anzianità e le progressioni di carriera.
Né è previsto per gli statali l’eventuale anticipo del Trattamento di fine rapporto(l’ormai celebre TFR in questo mondo costellato di sigle) perché dovrebbe riguardare soltanto gli impiegati del settore privato( e già un sindacalista della UIL, Antonio Foccillo, ha detto che “anche questa è una discriminazione”). Secondo le statistiche dell’ISTA il taglio alle buste paga ha colpito più gli enti locali(meno 6,7 per cento di reddito) che gli enti centrali(-2,8 per cento sempre negli ultimi tre anni. Sia perché c’è stato un turn-over più pesante in virtù dei comuni in dissesto sui fondi disponi bili per la contrattazione.
Cadute di reddito che-secondo il governo- sarebbero state mitigate dal bonus, deciso da Renzi, di 80 euro in distribuzione dal maggio scorso: l’idea, insomma, di uno scambio che i sindacati non intendono prendere in considerazione. Tanto che i tre grandi sindacati con federali- CGIL ,CISL e UIL-protesteranno questa volta insieme l’8 novembre a Roma contro il blocco delle buste paga e contro la riforma della pubblica amministrazione, argomenti peraltro su cui i sindacati non sono mai stati convocati dall’esecutivo. “Se il blocco dei contratti dovesse esser confermato anche nel 2015, per il sesto anno consecutivo, dichiara Michele Gentile, responsabile del settore pubblico della CGIL- si aprirebbe un problema costituzionale tanto più che le ripercussioni del blocco si faranno sentire anche sull’entità delle future pensioni. I soldi per riaprire i contratti ci sono: nel DEF il Tesoro ha messo in conto un miliardo.
Cifra peraltro non sufficiente ma anche di questa somma non si sa che cosa voglia fare il governo. Secondo Giovanni Faverin, segretario generale della Funzione Pubblica della CISL, questi dati dell’ISTAT “confermano il fallimento del governo come più grande datore di lavoro del Paese. “La riduzione del costo del personale – ha detto Faverin -non ha nemmeno liberato risorse per gli investimenti e la spesa pubblica è comunque in aumento.” La crisi e la perdita di posti di lavoro hanno assorbito le risorse recuperate dai sacrifici del settore pubblico: nei tre anni in questione la spesa per le pensioni e gli armonizzatori sociali è passata dai 298,6 miliardi è passata dai 298,6 miliardi del 2011 ai 319,6 del 2013. C’è da stupirsi che l’attuale governo delle larghe intese sia così gradito a una parte della vecchia e nuova destra italiana? Direi, a leggere questi dati, proprio di no.