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Il “soprasegretario” Zoppini

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di Nadia Redoglia
Il sottosegretario alla Giustizia avv. Zoppini ha ricevuto avviso di garanzia: sospetto coinvolgimento in frode fiscale. L’avvocato si è immediatamente dimesso dalla carica istituzionale.
Questi sono i fatti. In un Paese civile l’informazione trasmette pressoché in questo modo. E’ poi naturale che i cittadini immediatamente reagiscano con senso di stupore, d’inquietudine e da qui commentare a caldo pur “populisticamente”, ma tornando al raziocinio attenderanno che la magistratura riveli la fondatezza o meno del sospetto.

In un Paese non civile (quello che informa mai, ma sempre orienta ed elimina chi non soggiace) si parte da brutti titoli che danno il soggetto già colpevole oppure già innocente.
Un Paese cui è (ancora) consentita, per “ragioni” rappresentative nazionali e internazionali, la facoltà d’informare imponendo cos’è civile e cosa non lo è, recita a soggetto senza pensarci su più di tanto.

Sul caso Zoppini, a giudicare dai titoli più “bruti” che brutti, noi s’appartiene purtroppo ancora, alla terza “opzione”. Per carità, è umanamente comprensibile! Il lunghissimo nostro elenco ministero/parlamentare d’indagati, recidivi e no per uno o più reati, di rinviati a giudizio, di colpevoli in attesa del grado successivo, di prescritti  e via così, ci disorienta. L’ultimo -fresco di giornata rinviato a giudizio, on. Landolfi- nonostante l’attempato avviso di garanzia, infatti poggia ancora le sue istituzionali terga sui sacri scranni come se niente fu d’esser.

Se per carità è comprensibile, per carità (e/o quant’altro) non può essere giustificabile. Zoppini s’è immediatamente e consapevolmente dimesso senza se, ma e “a sua insaputa”, così com’è naturale agire nei Paesi civili. Ha dimostrato d’essere ben più d’un gradino sopra.

Partire da ‘sto gradino potrebbe rivelarsi un buono spunto per riprenderci la capacità d’individuare la natura delle cose.


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