Simone lo conoscevo attraverso gli occhi del suo papà, Pierluigi Camilli. Occhi che si illuminavano quando parlava di quel suo ragazzo appassionato del suo stesso mestiere, “uno che il giornalista lo fa laggiù dove c’è la guerra”, con un padre che insegna e vive il giornalismo da sempre. Meno di due mesi fa Pierluigi mi è venuto a trovare in Casagit con una domanda: “come faccio a dare una copertura sanitaria a mio figlio e alla sua famiglia? Lì dove vivono non c’è sanità pubblica”. Abbiamo parlato dei nuovi profili, abbiamo rimandato a settembre il tema, “prima ne parlo anche con lui, poi semmai provvedo io”. Un padre coraggioso, lo sta dimostrando in queste ore terribili per la sua famiglia. Prima di partire e andare a riprendere il suo Simone poche parole fuori casa ai colleghi, parole di orgoglio e compostezza. Forza vera, quella che ogni genitore spera di non dover attingere mai dal fondo della propria anima e per questo la riconosce e ammira. Ma questa tragica vicenda di coraggio e giornalismo ci fa vedere anche un nostro limite. Un paradosso contro il quale dobbiamo impegnarci e fare qualcosa.
Un collega italiano come noi, che rischia fino all’estremo e ci ha saputo regalare quelle immagini bellissime di ragazzini che prendono a calci un grande bossolo, come la palla con la quale rischiano di non poter giocare mai, uno come Simone che garanzie ha dal nostro sistema? Garanzie sanitarie, previdenziali, per il subito e per il futuro suo e della sua famiglia. Eppure stiamo parlando di un giornalista italiano tra quelli che rischiano di più. Un contratto con un’agenzia di stampa internazionale, con regole di mercato quantomeno sfuggenti, quali sicurezze sostanziali può offrire? Non ho una risposta ma – quando tutta questa pagina di infinita pena sarà fuori dai riflettori – ci dovremo impegnare. Abbiamo il dovere di una tutela che valga per gli ultimi come per i primi, rispetto a qualsiasi méta, traguardo o limite. Rimandiamo a settembre il tema. Ora ammiro un padre orgoglioso di un bravo figlio e una famiglia che riporta a casa la propria storia: cioè tantissimo.