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Immigrazione. Alina, forse non un caso isolato

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Un contesto a dir poco inquietante. È con queste parole che in maniera quasi unanime vengono riportate le ultime notizie relative al caso di Alina Bonar Diachuk, la ragazza ucraina di 32 anni suicidatasi presso il commissariato di Villa Opicina il 16 aprile scorso.
In seguito all’apertura delle indagini i contorni della vicenda sono apparsi quasi immediatamente molto più complessi di quanto all’inizio si fosse immaginato. Alina non avrebbe dovuto trovarsi in quelle stanze ( lo aveva già sostenuto l’avvocato difensore), inoltre, vista la sua fragilità psicologica avrebbe dovuto essere controllata a vista ( e sarebbe stato possibile giacchè si trovava in una stanza video sorvegliata) ma così non è stato invece ed è morta impiccata dopo 40 lunghi minuti di agonia, 40 minuti durante i quali nessuno ( nello specifico chi stava di guardai in quel momento) ha visto o sentito nulla.

Sul registro degli indagati compare già un nome ed altri, si apprende oggi dalle agenzie stampa, potrebbero essere iscritti. Il nome è quello di Carlo Baffi, responsabile dell’Ufficio immigrazione, su cui gravano le accuse di sequestro di persona e omicidio colposo. Per la Procura competente la donna infatti venne trattenuta “illegalmente” presso gli uffici del Commissariato perchè aveva finito di scontare la pena il 14 aprile, di fatto era libera. Le indagini dunque dovranno innanzitutto verificare se esistevano i presupposti per trattenerla o meno e non solo…
Il caso di Alina, conferma il procuratore capo delle indagini, potrebbe non essere un caso isolato e al vaglio degli investigatori sono finiti i fascicoli relativi ad altri 49 stranieri che sarebbero passati per il Commissariato di Villa Opicina dall’agosto 2011 fino ad aprile.
Il “particolare” che invece in pochi evidenziano ( fra questi pochi Cinzia Gubbini sul Manifesto) il contesto in cui si vanno a collocare le indagini: all’interno del commissariato in questione sarebbe infatti stato trovato un cartello con su scritto “Ufficio epurazione” e sopra una foto del Duce, mentre altro materiale afferente all’area neofascista sarebbe stato rinvenuto anche presso l’abitazione di Baffi.

Aspetto, questo, passato in secondo piano al momento, anche per la Procura e giustificato dal fatto che Baffi avrebbe lavorato per la Digos… trattasi dunque di materiale documentario come sostiene qualche sindacato di polizia?

L’urgenza adesso sembra essere quella di accertare se il caso Alina abbia dei precedenti.

Aggiornamento

Ieri, martedì 15 maggio, nel pomeriggio si è tenuto un presidio di protesta di fronte alla Questura di Villa Opicina convocata da diverse realtà associative. I presenti oltre a manifestare la propria indignazione rispetto a quanto sta trapelando in seguito alle indagini hanno chiesto esplicitamente che gli indagati ( la cui responsabilità dovrà certo essere dimostrata) vengano comunque rimossi dal loro incarico.

Manifestazioni di protesta, annunciano, avranno luogo tutti i martedì alla stessa ora fino a quando le persone indagate continueranno a ricoprire gli stessi incarichi.


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