di Norma Ferrara e Folco Zaffalon
La Colombia ha scelto la Pace. L’ha fatto confermando alle elezioni del 15 giugno scorso il presidente uscente J.Manuel Santos, fautore dei dialoghi in corso a L’Avana fra la guerriglia e lo Stato, all’interno di un conflitto che dura da più di 50 anni. Santos, sostenuto da un “Fronte ampio per la pace” ha vinto lo scontro, tutto a destra, con il candidato Oscar Ivan Zuluaga, delfino dell’ex presidente Uribe, contrario ai negoziati di Cuba. Quasi un referendum popolare sulla fine del conflitto, in un Paese in cui a decidere le sorti politiche della nazione sono meno del 50% degli aventi diritto al voto. Fondamentale e senza precedenti l’appoggio di gran parte della sinistra colombiana al candidato della destra liberale. Il Polo democratico guidato da Clara López ha superato le incertezze iniziali rispetto a Santos, espressione delle elites borghesi di Bogotà e poco attento al tema dei diritti umani scegliendo di appoggiarlo alla segunda vuelta (il ballottaggio), per sostenere i dialoghi di Pace ed evitare il ritorno di Uribe e del paramilitarismo al potere. «In Colombia ha vinto la pace, con l’importantissimo appoggio della sinistra democratica – ha dichiarato la Lopez – e adesso porteremo avanti l’impegno preso». «Nonostante il Polo democratico abbia scelto questo “mandato per la Pace – precisa il senatore della sinistra, Ivan Cepeda – non ha perso la sua funzione di opposizione politica al futuro governo». Una sinistra, quella colombiana, che in queste ore ha intenzione di far sentire il peso di questo appoggio, rivendicando dai banchi dell’opposizione le necessarie riforme per il Paese, sotto il profilo economico e sociale, con un occhio particolare al tema delle vittime del conflitto.
Pochi giorni prima della chiusura della campagna elettorale, 18 volontari italiani, coordinati da Libera, si sono recati a Bogotà per ascoltare la società civile, le Ong e gli attivisti per diritti umani che qui operano, denunciando la quotidiana violazione dei diritti dei cittadini e dei militanti politici. A guidare i gruppi “Atrevete!mundo” e “Giramondi” il responsabile del settore internazionale di Libera, Tonio Dell’Olio. Profondo conoscitore della Colombia, dopo l’esito delle presidenziali Dell’Olio chiede alla comunità internazionale e alla stampa italiana di «illuminare i dialoghi di Pace» in corso all’Avana, dove importanti passi avanti sono stati fatti a campagna elettorale in corso. «I primi segnali che qualcosa sta cambiando – dichiara Dell’Olio – arrivano in questi giorni. Da un lato, il presidente Santos ha annunciato una apertura di dialogo anche con l’altra guerriglia, l’Eln, e questo è decisamente un segnale interessante nella direzione degli accordi di Pace. Dall’altro, le Farc per la prima volta hanno riconosciuto la loro responsabilità sulle vittime del conflitto e hanno accettato di dare seguito alla “riparazione” nei loro confronti. Infine, è notizia delle ultime ore, che – come annunciato da Santos – al tavolo dei negoziati di Cuba siederanno per la prima volta anche i familiari delle vittime del conflitto».
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Oltre 15 incontri, quelli curati da Libera in Colombia, in cui la società civile colombiana ha chiesto a gran voce alla comunità internazionale di raccontare all’estero ciò che accade nel loro Paese. «I negoziati non possono fallire» – spiegano gli attivisti per i diritti umani. E la sensazione è che ai loro occhi questi accordi rappresentino l’ultima reale possibilità di mettere fine ad una “guerra” di cui poco o nulla si sa in Europa ma che in oltre 50 anni di conflitto armato ha fatto registrare 160000 civili assassinati, 8 milioni di ettari di terre sottratte ai contadini, più di 5 milioni di desplazados (persone scappate dalla propria terra a causa di minacce o dell’uccisione di familiari), quasi 80000 desaparecidos, e migliaia di casi di falsos positivos, ovvero militari che hanno ammazzato ragazzi innocenti facendoli passare per guerriglieri per avere promozioni di grado e premi in denaro.
Se le Farc e altri gruppi armati dovessero firmare gli accordi di Pace, la Colombia si troverebbe a gestire una reale situazione di “post-conflitto” in cui il ruolo della società civile e dei partiti d’opposizione potrebbe diventare centrale. A rivendicare uno spazio nel dibattito pubblico, fra gli altri, la rete del Movice, Movimiento de Víctimas de Crímenes de Estado che in questi giorni ha affermato: «Il presidente dovrà raggiungere la pace senza impunità, garantendo la partecipazione attiva delle vittime e della società in questi processi, cimentandosi nella costruzione della pace e della giustizia sociale, rispettando il diritto alla verità, alla giustizia e alla “riparazione” integrale delle vittime». ALAS – America Latina Alternativa Social – la rete latino-americana promossa da Libera, in queste ore rilancia l’appello del Movice e aggiunge una richiesta alla stampa italiana: “L’informazione racconti i dialoghi di Pace de L’Avana, perché in questo momento, accedere i riflettori sulla Colombia e sul particolare momento storico che sta attraversando, vuol dire sostenere direttamente il processo di Pace”. Un “compromiso” (impegno) per la Pace, conclude Alas, che leghi l’Italia alla Colombia, nel nome delle vittime del conflitto, della verità e della giustizia sociale.