Affollata, agghindata conferenza stampa, nei giorni scorsi a Roma, per la presentazione (alla stampa e agli ‘amici di sempre’) della 57° edizione dello spoletino (blasonatissimo) Festival dei Due Mondi che si dispiegherà, quest’anno, dal 27 giugno al 13 luglio, garantendo agli ‘aficionados’ ed ai turisti ‘non casuali’ oltre due settimane di spettacoli potenzialmente e qualitativamente interessanti, con opere, concerti, balletti, recital, allestimenti teatrali, intrecciati a serate di cinema, laboratori, convegni, incontri, premi, concorsi, eventi speciali: con uno sguardo attento anche all’arte contemporanea, come del resto accade già da qualche anno (e come si era sempre auspicato il ‘grande patron’ Giancarlo Menotti).
Nelle intenzioni del suo nuovo direttore artistico Giorgio Ferrare, il “Due Mondi” conferma il suo carattere originale e il prestigio di “primario” appuntamento internazionale, luogo evidenziato e ‘raccomandato di qualsiasi tour alle radici del (per ora bistrattato) patrimonio artistico\culturale italiano. Spoleto, dunque, come sito storico di incontri e ‘miscellanee’ di culture diverse, offerte ad una consolidata vetrina sia di grandi artisti sia di altri ‘emergenti’- o da recuperare all’immeritata disattenzione del mondo intero, per una inarrestabile officina di produzioni originali.
Al settimo anno della direzione artistica assegnata a Ferrara, il Festival di Spoleto apre i suoi anfratti architettonici (e ‘romiti spazi’ di meditazione o dibattito) ad “un incontro che tiene il filo del dialogo tra passato e presente, avanguardia e tradizione, nuove generazioni e mostri sacri, restando fedele alla qualità e all’eccellenza delle proposte e aprendo i suoi confini a tutte le espressioni artistiche più vitali e interessanti”.
La rassegna si avvierà con la messa in scena di un trittico di tre opere brevi, (“La mort de Cléopâtre” di Berlioz, “La dame de Montecarlo” di Poulenc, “Erwartung” di Schönberg, interpretate da Ketevan Kemoklidze, Kathryn Harries e Nadja Michael), seguito da un’esibizione della Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi” diretta da John Axelrod e con il dramma di August Strindberg “Danza di morte” diretto e rimaneggiato da Luca Ronconi.
Si concluderà, come da tradizione, con il Concerto Finale “Il musical americano degli anni Quaranta e Cinquanta”: una serata dedicata ai più celebri musical di Richard Rodgers e Oscar Hammerstein e di Frederick Loewe e Alan Jay Lerner, con il soprano June Anderson e il baritono Paulo Szot, diretti da Wayne Marshall e con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Fra le più squillanti presenze internazionali, sono attesi Robert Wilson, Tim Robbins, Gerard Depardieu, Isabelle Huppert, Anouk Aimée, il Berliner Ensemble, Christoph Marthaler, Leonard Eto; e per la grande danza il San Francisco Ballet e la Paul Taylor Dance Company.
Dalla scena italiana, le due grandi icone quali Adriana Asti e Franca Valeri, e fra gli altri ospiti, Luca Barbareschi, Paolo Graziosi, Marina Confalone, Micaela Esdra, Giovanni Crippa, i registi Paolo Magelli, Giancarlo Sepe, Walter Pagliaro; per la musica Andrea Griminelli, Edoardo Bennato, la Banda Musicale dell’Arma dei Carabinieri, la straordinaria partecipazione di Riccardo Muti, e molto altro; dal mondo della cultura, della saggistica, dell’arte visiva, Piero Tosi, Corrado Augias, Giovanni Villa, Ernesto Galli della Loggia, Massimo Bernardini, Paolo Mieli, Achille Bonito Oliva.
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Negli ultimi anni (e dopo la crisi che scaturì dalla scomparsa di Menotti, ‘giovane novantenne’ e squisito anfitrione come nessun altro), il Festival ha ripreso, per la verità, a crescere, “facendosi sempre di più interprete della nostra epoca, nella consapevolezza e nella speranza che anche l’arte debba e possa fare la sua parte”- sostiene Ferrara. Dunque: sollecitare la fantasia attraverso il teatro, elevare lo spirito attraverso la musica, renderci più lievi attraverso la danza. “Senza trascurare l’importanza oggi sempre più riconosciuta della dimensione e del valore economico della cultura e delle molteplici attività strettamente collegate alla produzione artistica”- come promette il ministro Franceschini.
Al Festival di Spoleto torna così il sostegno di chi (in buona fede o per rendersi ben accetto) “crede nella efficacia e nel coraggio della cultura”. A iniziare dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (e del Turismo) che continua a investire nell’iniziativa cifre non effimere. E delle Istituzioni del territorio – Regione Umbria, Provincia di Perugia, Città di Spoleto, Camera di Commercio di Perugia – che partecipano alla manifestazione in uno spirito di proficua collaborazione, congiuntamente alle Fondazioni private – Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto e Fondazione Carla Fendi – che si dichiarano “nuove protagoniste del mecenatismo italiano”. Solerti all’appello anche Intesa Sanpaolo, la Cassa di Risparmio dell’Umbria, Banca Popolare di Spoleto – che danno un supporto di sponsor e partnership affluente anche da Eni, Monini, Mercedes – Benz Italia.
E’ in quest’orbita che il Festival di Spoleto, intende dare il suo contributo “affinché chi ama l’arte non debba rinunciarvi causa le note asperità economiche” (ma soggiornare a Spoleto non è blanda spesa) e “affinché possa continuare a coltivare le proprie passioni e a far parte di un circolo virtuoso che non dovrà mai spezzarsi”. Alla nobiltà della speranza si unisce comunque la pratica, il segno tangibile di numerose promozioni già attive sull’acquisto dei biglietti. Cui si aggiunge un ‘regalo speciale’ (elargizione?) di 5000 biglietti al prezzo simbolico di 1 € – messi a disposizione di un pubblico “meno favorito” dalle finanze personali o familiari. Non sappiamo con quale discernimento e modalità di accesso (ma lo renderà noto, a giorni, il sito ufficiale del Festival). Buon soggiorno a chi andrà.