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L’aeroporto di Comiso avrà nuovamente il titolo che gli spetta di diritto: quello di Pio La Torre. Sabato 7 giugno la cerimonia

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Sabato prossimo, 7 giugno alle ore 10, su decisione della giunta comunale di centrosinistra, l’aeroporto di Comiso tornerà ad essere intitolato a Pio La Torre. Art21, Libera informazione e Centro La Torre, che l’anno scorso hanno raccolto le firme di 35000 firme di cittadini italiani perché ciò avvenisse, hanno invitato tutti ad essere simbolicamente  a Comiso sabato mattino quando, alla presenza delle massime autorità dello Stato avverrà la cerimonia ufficiale di re intitolazione.

Si chiude una lunga fase di astiose polemiche  condotte da piccolissimi uomini locali, isolati anche nello schieramento politico di centrodestra. Lo stesso Fini, cinque anni fa si pronunciò contro la odiosa cancellazione del nome di La Torre dall’aeroporto civile di Comiso per ripristinare quella del generale Magliocco scelto dal regime fascista monarchico per quello militare dell’anteguerra. A Magliocco il regime era grato per come si era distinto nella distruzione di interi villaggi seppellite da bombe aeree e gas nella guerra d’aggressione imperialistica in Africa.

Nel 1986 l’aeroporto, grazie al nuovo clima internazionale di distensione, cessò di essere una base missilistica nucleare. Allora fu chiesto dal comune, e dal movimento unitario pacifista che si era battuto contro i missili col contributo rilevante di La Torre, che fosse trasformato in una moderna struttura civile aeroportuale per collegare quell’area al Mediterraneo e all’Europa. Quando ciò si realizzò, la giunta comunale di centrosinistra decise di intitolarlo a La Torre, eroe di una Repubblica democratica che ripudia la guerra e che si era battuto contro i tutti i missili dell’est e dell’ovest e per uno sviluppo senza mafia.

I missili a testata nucleare Cruise e Pershing furono la risposta, decisa nel 1979, della Nato all’Unione sovietica di Breznev e del Patto di Varsavia che avevano installato gli omologhi SS20. Solo dopo le elezioni regionali del 1981 ,però, si venne a sapere che il governo del repubblicano Spadolini e del ministro della difesa ,il socialista Lagorio, aveva deciso di accogliere i missili in Italia in una “zona desertica” di Comiso (in verità la zona era coltivata a ortaggi ed era denominata contrada “Deserto”).

Pio La Torre dal 29 settembre di quell’anno,1981, tornò, per sua volontà, a fare il segretario regionale del Pci, lasciando la segreteria nazionale. Appena arrivato  trovò convocata per l’11 ottobre a Comiso una manifestazione regionale contro i missili. Partecipò, assieme alle Acli, alla Cgil, a pacifisti, socialisti, verdi, demoproletari, a una grande manifestazione ( si disse di 30000 partecipanti) che gli ispirò subito l’idea che il fronte doveva essere allargato e la piattaforma completata per non essere tacciata di  unilateralismo. Inoltre lanciò subito l’allarme che la militarizzazione dell’isola avrebbe favorito intrighi internazionali e nuovi spazi di manovra del terrorismo mafioso. La presenza di Sindona col suo finto rapimento, i delitti politicomafiosi di Reina, Mattarella cosi come quelli dei giudici e delle forze dell’ordine, la nuova vigoria politica di Ciancimino all’interno della Dc furono presenti nell’analisi di Pio che vi intuì un disegno politico più ampio che si sarebbe servito anche della mafia.

I sindacati nazionali accolsero la sollecitazione politica e convocarono per il 29 novembre a Palermo una grande manifestazione alla cui testa portarono un missile di cartone con la scritta SS20 a indicare che era contro tutti i missili dell’Est come dell’Ovest.

Da quel momento il movimento di pace dilagò. Diventò europeo, alimentò un presidio permanente che circondò l’area della base e sfociò nella giornata memorabile del 4 aprile a Comiso quando 100 mila persone di tutti i ceti e convinzioni politiche, religiose, assieme a centinaia di sindaci, amministratori provinciali si ritrovarono a Comiso. In quei giorni l’Assemblea Regionale, presidente il socialista Lauricella, proclamò l’anno per la pace e chiese anch’essa che non fossero installati i missili. Sembrò rinascere un grande movimento per uno sviluppo diverso e di pace simile a quello del movimento contadino nel dopoguerra. Non per caso in quella manifestazione si ritrovarono  nonni, figli e i nipoti uniti nell’anelito di poter cambiare il destino della Sicilia e del Pianeta salvandoli dalla distruzione nucleare.

Il 26 aprile fu lanciata al Circolo della stampa di Palermo, presenti uomini di cultura e tutte le rappresentanze politiche e sociali, la petizione per raccogliere un milione di firme di siciliani contro i missili La parola d’ordine “Aeroporto sì ma per servire la pace e lo sviluppo” rimase nella coscienza popolare siciliana anche se in quel momento  sembrò sconfitta. I missili furono installati, ma quattro anni dopo furono ritirati.

Oggi, l’aeroporto, grazie a coloro che ci hanno creduto, è una realtà in crescita e assume un ruolo internazionale. È giusto che la Repubblica gli restituisca il nome di un suo figlio, orgoglio di Sicilia, per ricordarne il suo alto impegno etico esercitato nella politica quale servizio civile per il bene comune.


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