Continua non soltanto in Italia il tentativo di mettere in discussione la veridicità della trattativa tra mafia e Stato. L’ultima a farlo (come, del resto, hanno fatto di recente Salvatore Lupo e Giovanni Fiandaca (candidato del PD nelle recenti elezioni europee) nel loro piccolo libro pubblicato da Laterza che si intitola Perchè la mafia non ha vinto) è stata Marcelle Padovani che, nel 1991, aveva pubblicato Cose di Cosa Nostra, (edito da Rizzoli) una lunga intervista fatta appunto al magistrato di Palermo mentre a Roma, per volontà del ministro della Giustizia Claudio Martelli, dirigeva la divisione Affari Penali di quel Ministero, un anno prima della strage di Capaci.
Lo ha detto in un’intervista al Giornale di Sicilia proprio quella giornalista francese, attuale corrispondente in Italia di Nouvel Observateur che, più di vent’anni fa, aveva avuto il merito di far conoscere non soltanto in Italia le tesi e i pensieri di Giovanni Falcone sul fenomeno mafioso. Ma oggi quelle idee che il giudice palermitano coltivava non sono più di moda né possono esserlo in un Paese angustiato dall’attacco di quattro associazioni mafiose ormai presenti su tutto il territorio nazionale, di un Paese che è tra gli ultimi (il ventinovesimo, per la precisione, dell’organizzazione internazionale dell’OCSE) per il livello medio dell’Istruzione secondo le classifiche stilate nel 2013, per il livello anch’esso molto alto della corruzione pubblica e privata.
Ingroia critica anche quello che ha scritto nei giorni scorsi la Padovani che ha criticato Falcone, a più di vent’anni da quella celebre intervista, per la sua “ricerca maniacale” della verità, aggiungendo che quel giudice non avrebbe firmato un’inchiesta come quella sulla trattativa mafia-Stato, ed ha parlato di “ipotesi fantasmagoriche” della magistratura e di molti giorna-listi sulla trattativa tra mafia e Stato.
Ingroia – che ha passato, peraltro, i primi anni della sua carriera di magistrato proprio con il giudice palermitano, ucciso con tutta la sua scorta a Capaci il 23 maggio 1992, si è indignato di fronte all’incapacità della giornalista francese di ricordare quello che lei stessa aveva scritto e chiesto al magistrato palermitano in Cose di Cosa Nostra, un libro ristampato e tradotto in molte delle principali lingue del pianeta.
Peraltro questi sono i tempi piuttosto tristi in cui viviamo, tempi nei quali, nei tre principali paesi europei, vanno avanti partiti che sono contro l’unificazione europee e difendono la moneta e le tradizionali nazionali (o addirittura di un pezzo del Paese ) come la Lega Nord di Matteo Salvini, alleata di necessità con il movimento di Marine Le Pen nella vicina Francia dello sconfitto presidente Hollande.
Aveva proprio ragione Ilvo Diamanti a intitolare il suo ultimo libro: Un salto nel buio. Chi scrive è da tempo su queste posizioni e non se ne vergogna.