L’Europa è stata scossa da un terremoto e vaga al buio, l’Italia ha avuto paura e si è affidata a Matteo Renzi! Irriso da Crozza, commiserato da non pochi commentatori che lo vedevano travolto dalla rabbia delle piazze e dello scetticismo degli elettori, il Presidente del Consiglio ha invece guidato il suo partito a un risultato storico (mai nessuno, né la Dc né il PCI, in Italia avevano fatto meglio) ed è oggi il leader politico elettoralmente più forte d’Europa.
Grillo è caduto, vittima del suo ego e della trappola che gli hanno teso i media osannandolo. Ha perso sia in percentuale che in voti. Il #vinciamonoi gli è tornato sui denti. Con poco più della metà dei voti ottenuti da Renzi, non è più credibile come alternativa, si deve inchinare al vincitore.
Berlusconi, interdetto dai pubblici uffici per truffa, con Scajola già in galera e Dell’Utri che ci finirà per mafia, resta in piedi solo come un ricordo, una citazione nostalgica del grande potere che gli Italiani gli hanno consegnato per vent’anni. Lascia la destra senza leader e senza politica.
Si salva, per un pugno di voti meridionali, il Nuovo Centro Destra al governo all’ombra di Renzi. E batte il quorum un’improvvisata e coraggiosa lista della sinistra alternativa nel nome di Tsipras. Rinasce la Lega, solo dopo aver abbandonato l’idea della secessione e assunto toni nazionalisti e anti europei. I post fascisti appaiono residuali.
Le elezioni politiche anticipate mi sembrano, per il momento, lontane. Matteo Renzi ha tutto l’interesse (e il Paese con lui) di giocarsi il successo ottenuto lungo l’intero semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea. Poi, solo lui, potrà scegliere se andare al voto. Una posizione di vantaggio invidiabile, in Europa e in Italia, ma che lo obbliga a essere “umile” – come ha detto a Repubblica – e a lavorare sodo. Vincere da soli, e con una delega tanto ampia, comporta un prezzo da pagare.
Però consentitemi, ora, di alzare lo sguardo verso l’Europa. Perché non si capisce nemmeno quel che è successo da noi se non si guarda al contesto. In Francia, Gran Bretagna e Grecia i due partiti “storici”, popolari e socialisti, conservatori e laburisti, non hanno raggiunto, pure sommati insieme, la maggioranza assoluta dei voti. A Londra primo partito è l’anti europeo UKIP: ora è più probabile che la Scozia progressista marci verso la secessione. In Francia vince l’estrema destra di Marine e Jean Marie Le Pen. Una vittoria che scuote le fondamenta della Costituzione gollista, che si basava su di un patto (“repubblicano”, lo chiamano oltralpe) che escludeva dal Parlamento, e tanto più dal Governo, la Francia della Vandea e di Santa Giovanna d’Arco, ultra nazionalista e xenofoba. In Grecia ha vinto la sinistra di Tsipras mentre la destra fascista e criminale di Alba Dorata ha superato il Pasok, diventando terzo partito.
Chiudono il quadro paesi come l’Ungheria, l’Austria, la Polonia, dove la destra deve vedersela con l’estrema destra. In generale nel voto europeo le burocrazie, le tecnocrazie, il potere delle banche, le prediche degli economisti e dei giornalisti di corte hanno ricevuto un sonoro ceffone. E a farne le spese è stata innanzitutto la sinistra che si definisce socialista e socialdemocratica ma da tempo perora idee liberiste. E’ stata consierara, questa sinistra, il cuore dell’Europa com’è e, per questo, punita.
Solo in Spagna e in Germania popolari e socialisti restano rispettivamente primo e secondo partito. Ma in Spagna prendono comunque una botta storica, sia pure meno evidente perché il voto si è frantumato nel successo di molte liste più sinistra o autonomiste. Il risultato della Germania rappresenta, invece, il motore immobile di questo terremoto. La Merkel comunque al 66%, l’Spd in rimonta al 27,5%, poi i Verdi al 10 e De Linke al 7 e mezzo. Berlino “tiene”! Ma mi torna in mente la foto da cui la fase, ora chiusa, era partita. Quella di Helmuth Kohl che tiene per mano Francois Mitterrand, a Verdun, luogo simbolo delle carneficina franco tedesca. E mi assale un nodo alla gola. La Germania egoista e “pragmatica” della Merkel e di Schulz ha segato l’albero su cui si fondava la pace europea e il suo stesso primato economico. In Europa non troverà più alleati, solo satelliti o nemici, frustrati e rancorosi. Credo che Angela farebbe bene a tenersi stretto Mario Draghi e Matteo Renzi. Sì, proprio les italiens, come direbbero in Francia, i soli che possano soccorrerla, perché il “motore franco tedesco” d’Europa è stato sepolto e una Germania sola, che trionfi sulle macerie d’Europa, tornerebbe in preda ai suoi incubi.
Basta. Ieri sera un certo numero di balordi mi chiedeva, via twitter, dove avessi fatto campagna elettorale per Renzi e se ora, insieme a Civati e Chiti, non avessi intenzione di lasciare il campo democratico per non stonare nel coro, adorante, di quelli che corrono in soccorso del vincitore. Non ho fatto campagna elettorale, purtroppo, perché ho dovuto subire un intervento chirurgico, dal quale non mi sono ancora completamente ristabilito. Per il futuro lotterò con più determinazione su posizioni critiche e di sinistra. Da tempo, almeno dalle primarie del Pd, sostengo che con Matteo Renzi la sinistra ha trovato finalmente un leader che fa politica, sposta i paletti, muove la storia e non si limita a organizzare il consenso della sua parte. Ma sostengo pure che la buona politica non può bastare, senza un pensiero lungo, un’ispirazione ideale, la capacitò di fare i conti con la storia per proporre una visione per il futuro. Perciò è indispensabile che qualcuno sappia tenergli testa, che cerchi di riannodare il filo con la nostra comune storia, che marchi il confine (costituzionale, ideale) oltre il quale l’autonomia del politico non può e non deve tracimare.
Oggi il trionfatore nel voto europeo ha ancora più bisogno di questo sostegno critico. Se nell’euforia del successo ne fosse infastidito e pensasse di farne a meno, credo che commetterebbe il primo grande errore della sua era politica.