Antonio Claudio Scajola è stato, non a caso, definito un politico di gomma,uno iuncu-come ha scritto un quotidiano vicino al PD-che si piega ma non si spezza. E da qualche giorno, è indagato di omicidio per omissione dalla procura di Milano se la sta vedendo davvero davvero brutta . Ha passato la vita a immaginare complotti contro di sè e, invece, è lui stesso il peggior nemico di sè stesso. Cosi, dai documenti, che avrebbero dovuto essere negli archivi di Stato e sono finiti invece nella disponibilità del suo ex segretario Luciano Zocchi e di un funzionario del servizio segreto militare come ex ministro dell’Interno, e merge con chiarezza il suo comportamento inaccettabile nell’assassinio di Marco Biagi, il noto giuslavorista di Modena assassinato brutalmente il 19 marzo 2002 privo di scorta è chiara e innegabile.
L’attuale presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni ricorda di aver scritto a Scajola che Biagi era in pericolo, e ancora l’onorevole Sacconi e il direttore generale di Confindustria Stefano Parisi gli scrissero due lettere perché fosse data la scorta al giuslavorista bolognese e ormai lo stesso ex segretario Zocchi non lo difende più.
Scaiola- è il caso di ricordarlo in questo paese che Alberto Arbasino continua a definire senza memoria– era il ministro dell’Interno nel luglio 2001 quando i fatti del G8 di Genova fruttarono all’Italia l’accusa di violazione dei diritti umani. La morte di Carlo Giuliani e i fatti di Bolzaneto, giovani e non giovani traumatizzati con danni permanenti. La gestione impazzita dell’ordine pubblica, un disastro politico internazionale, umano e mediatico. E lui, alla vigilia dell’evento aveva avuto il coraggio di dichiarare candidamente:” c’è ordine di sparare se sconfinano nella zona rossa. D’altra parte anche Fini era a Genova come ministro degli Esteri nel secondo governo Berlusconi e nessuno anche tra i colleghi ebbe il coraggio di dissociarsi dal suo comportamento e criticarlo.
Poi un anno dopo quando era in missione a Cipro come ministro dell’Interno dichiara:” Biagi una figura chiave? Macchè, chiedete a Maroni(allora ministro del Lavoro).Biagi era un rompi-coglione. “Ora nelle carte di Scajola si trova una lettera, vidimata con il timbro del ministro, dalla quale si comprende che il ministro era stato informato correttamente del pericolo che il giuslavorista correva. Al processo per l’omicidio di Biagi non andarono a testimoniare Roberto Maroni e Giuseppe Pisanu, successore di Scajola. Eppure Maroni, in un primo momento, aveva parlato di una lettera da lui scritta a Scajola, poi declassata ad una nota inviata al prefetto di Bologna. Versione che consentì a Scajola di comunicare in Senato, il 16 aprile 2002, che “non era ipotizzabile un suo interessamento mai richiesto da alcuno su una vicenda di cui non era informato.”
Ma tutto questo non ha fermato la carriera politica di Scajola, tornato rapidamente alla politica, prima come responsabile dell’organizzazione del PDl, poi come ministro alle Attività Produttive. Peccato che qualche tempo, dopo la storia poco credibile raccontata dal politico ligure della casa di via del Fagutale, fronte Colosseo a Roma di cui Scajola è stato assolto dal tribunale di prima istanza perché “il fatto non costituisce reato” di cui lo stesso esponente politico diceva di non conoscere il pagatore per una somma di 600mila euro.
Ora è rimasto solo, nessuno più lo difende anche all’interno del movimento berlusconiano di cui fa parte. E, con ogni probabilità, il processo che lo vede adesso come imputato difficilmente potrà- dopo le ultime acquisizioni anche testimoniali- potrà concludersi positivamente per lui.