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Il processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia è entrato in una fase cruciale

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Il processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia è  entrato in una fase cruciale. Ricordo di aver pubblicato, agli inizi degli anni novanta- sul quotidiano vicino al Partito democratico- un articolo che aveva come titolo una frase  netta :la trattativa c’è stata ed è un fatto storico, ormai accertato. L’aspetto curioso dei miei rapporti con quel giornale è che ho scritto per trent’anni (allora lo dirigeva un’ottima giornalista,  Concita de Gregorio) e non ero iscritto al partito ,quando la direzione è cambiata(ed io, nel frattempo, mi ero iscritto a quel partito) non hanno voluto più la mia collaborazione. E quando ho chiesto la ragione della decisione : mi hanno detto per stare soltanto con i militanti del partito: escluso  il sottoscritto, devo aggiungere. 

Pazienza, il mio resta  un altro mestiere. Ma, ritornando al processo di Palermo, mi colpisce l’atteggiamento dell’ex presidente del Senato, Nicola Mancino. Due giorni fa, l’ex consigliere del Presidente, Loris  D’Ambrosio (morto improvvisamente il 26 luglio 2012),parla della lettera che Giorgio Napolitano tramite il segretario generale del Quirinale, Donato Marra ha inviato al procuratore generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito nella quale venivano chieste informazioni “sul coordinamento delle inchieste fra le procure di Palermo, Caltanissetta  e Firenze sulla trattativa.  La parola coordinamento, secondo l’accusa, nascondeva il tentativo  da parte di Mancino(e il presidente della repubblica, sempre secondo questa tesi, sarebbe stato d’accordo)di avocare le indagini e sottrarle alla sede di Palermo.  Il consigliere D’Ambrosio, nella deposizione ascoltata al processo, diceva a Mancino: “Ho parlato con il presidente e anche con il procuratore nazionale antimafia Piero  Grasso. Ma noi non vediamo molti spazi, la vediamo difficile. Grasso mi ha detto :ma sai, io non posso intervenire.”.

E successivamente il procuratore “precisa di non aver registrato violazioni del protocollo del 28 aprile 2011, tali da poter fondare un inter vento di avocazione a norma dell’articolo 381 bis del codice di Procedura Penale “.Per Grasso non c’è alcun mancato coordina mento fra le procure che stanno occupandosi della trattativa.  Peraltro, nell’udienza del 24 febbraio 2012, di fronte alla deposizione dell’ex ministro Mancino , il pm Nino Di Matteo (di cui ho ascoltato di recente, a proposito di un libro appena uscito,  un discorso limpido e pienamente condivisibile in un’aula di Giurisprudenza dell’Università di Palermo )ha sottolineato apertamente l’esistenza di “evidenti contraddi zioni tra diversi esponenti delle istituzioni”.  Mancino appare molto preoccupato per quello che ha detto l’ex ministro Martelli e non lo contraddice ma si chiede dove si andrà a finire in questo modo. Di fatto il confronto tra i due ex ministri non viene disposto dal collegio giudicante e tutto resta ancora incerto e difficile da precisare, soprattutto il ruolo effettivo rivestito da Mancino. Su quello di Dell’Utri i dubbi sono più difficili  dopo la pesante condanna della Cassazione e gli ultimi avvenimenti della fuga a Beirut.


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