Le riforme del lavoro mi sembrano “fuori fuoco” rispetto alla risoluzione del problema della disoccupazione. Le tutele giustamente rivendicate si riferiscono all’occupazione di oggi, ma non possono essere una garanzia per la conservazione o creazione di quella di domani. Mentre nel dibattito in corso si tende a confondere i due livelli della questione – tutele e occupazione – come se le prime generassero la seconda. Ne esce una contrapposizione fuorviante tra “apologia del precariato” e “assunzione a prescindere”, che non guarda al futuro. Infatti, com’è noto, la disoccupazione si abbatte conquistando nuove quote di mercato, grazie all’innovazione di prodotti o di processi. Ecco perché nelle nazioni più avanzate l’intensità di spesa in ricerca – rilevabile da un alto numero di brevetti che si traduce in nuove tecnologie – è spesso correlata a buoni indici di occupazione e tutele.