I diritti d’immagine sempre più al centro degli interessi della Cultura del Belpaese, che deve imparare a sfruttarli
di Pietro Folena
Sightsmap, servizio offerto da Google, informa che tra i dieci luoghi più fotografati del mondo ce ne sono tre italiani (Trinità dei Monti, a Roma, il Ponte dell’Accademia di Venezia e Piazzale Michelangelo, a Firenze). Nella Top Ten -guidata dal Guggenheim di New York (?)- figurano un sito spagnolo, uno francese, uno turco, uno di Montecarlo, uno argentino e infine uno ungherese. Non conosciamo i criteri con cui questa classifica è stata stilata, e ci permettiamo di dubitare che il Colosseo, il Ponte di Rialto, la Tour Eiffel o la Torre di Londra siano fuori da questa classifica. Ma rimane il fatto che -malgrado il calo dell’Italia in tutte le graduatorie mondiali del turismo- tre luoghi italiani sono tra i dieci più fotografati, e quindi amati del mondo, secondo Google. Potremmo aggiungere che di immagini Google se ne intende, se è vero che coi suoi programmi si è impadronita gratuitamente delle immagini di tutte le bellezze italiane; anzi, per anni abbiamo assistito alla coda di politici e amministratori che, pensando di fare un affare, regalavano a questa multinazionale come ad altre del web, contenuti a costo zero (in cambio di presunte digitalizzazioni).
È ora, tuttavia, sollecitati anche da notizie come questa, che l’Italia sollevi con grande forza la questione dei diritti delle immagini dei suoi siti, dei suoi capolavori, dei grandi artisti che -a distanza di secoli- fanno ancora grande il fascino del Belpaese nel mondo. C’è la possibilità, con un uso accorto e pubblico di questi diritti -intesi come bene comune- di finanziare restauri, musei, giacimenti culturali, siti. Il primo atto dovrebbe essere la decisione di dar vita ad una grande enciclopedia digitale dei beni culturali italiani, come abbiamo già suggerito, e promuovere una valorizzazione attenta e qualificata delle immagini, delle loro riproduzioni, delle possibili applicazioni nel campo dell’editoria (i bookshop museali e le librerie d’arte) e in quello degli articoli di qualità, in cui il design italiano già si è distinto. Le royalties dell’arte italiana possono finanziare la cultura.
Da dazebao.it