Istituzionale, il Corriere della Sera: “Berlusconi al Colle a sorpresa”. Il Giornale gli dedica solo un sotto titolo: “Colpo di scena, incontro Napolitano-Berlusconi”. Per l’Unità, “Berslusconi non si rassegna.” La Stampa sa com’è andata: “Al Colle per chiedere garanzie. Ma Napolitano dice no”. Repubblica addirittura virgoletta Il Berlusconi pensiero: “Chiedo tutela”. E il Fatto prova a infrangere il ritegno dei grandi quotidiani e tilota: “Un pregiudicato al Quirinale. Berlusconi ricatta il governo”.
A me sembra disperato! È vero, è ancora il capo del secondo partito per numero di deputati e senatori, il governo ha in cottura provvedimenti delicati, decreto sul lavoro e riforma del Senato, sembra logico che B sottolinei il suo ruolo, con una visita al Quirinale che suoni avvertimento al governo. Ma mi sembra un potere tutto di carta, la stampa sbiadita di quello che fu. Perché fra sette o dieci giorni il Tribunale milanese di sorveglianza lo assegnerà agli arresti domiciliari. Visite e colloqui limitati, niente comizi per le europee. Magari gli piacerebbe recitare la scena finale del Caimano, con lo scoppio delle bombe come colonna sonora, ma sarebbe ormai una farsa, un petardo che fa flop. Come quella strana cosa che certi mitomani “Serenissimi” chiamavano carro armato e che gli è costata un’accusa per terrorismo. Un Uranio che si batte il petto, in gabbia.
Certo Forza Italia può minacciare un VietNam parlamentare. Ma a che pro? Da quel lato Grillo tiene bene la scena. Berlusconi può recuperare qualche elettore esagitato, ma altri ne cederebbe ad Alfano. Può invece fare il misteriorso l’ex cavaliere, ridotto sul cavallo a dondolo di cui oggi Giannelli gli fa dono. Può scegliere di tacere dopo l’incontro al Cole e sperare che Renzi litighi con la sinistra e rendendo decisivi i voti di Forza Italia. Boh, non so nemmeno se riuscirebbe a mantenere la disciplina fra i suoi. Dunque si barcamena, caracolla, lancia segnali, fa intendere che Forza Italia ancora forte vuol dire un M5S non tanto forte da minacciare il PdR, partito di Renzi. Ricorda a ognuno di quelli che incontra i suoi trascorsi “meriti”, cerca di salvare “la roba” e di moderare le vedove che già si contendono l’eredità. Tante volte a sinistra l’hanno sottovalutato, ma questa, chissà!
Un giornalista di Sky mi ha invitato a partecipare, questo pomeriggio, alla trasmissione della Saluzzi, per parlare della nostra “contro riforma”. Contro riforma, l’ha definito proprio così, il disegno di legge costituzionale che a mezzogiorno presentiamo alla stampa in Senato, prima firma Vannino Chiti, sottoscritto da 22 senatori del Pd. Contro riforma? Eppure il disegno di legge prevede il dimezzamento dei parlamentari: 315 deputati, anziché i 630 del ministro Boschi, e 106 senatori (cento eletti nelle Regioni, contestualmente al rinnovo dei consigli regionali, 6 nel collegio esteri). Boschi lascia in Senato 148 senatori; va bene non pagati, perché già Consiglieri o Sindaci, ma da accudire, da sostenere nel loro complesso doppio lavoro, e da mantenere in trasferta a Roma un paio di volte al mese.
Questa presunta contro riforma prevede che solo la Camera voti fiducia e leggi di bilancio: fine del bicameralismo paritario. E che il Senato resti solo per esaminare quelle leggi che non devono cadere nella potestà del governo e di maggioranze partorite con leggi maggioritarie. Leggi che toccano la Costituzione, il sistema elettorale, i trattati europei e i diritti fondamentali della persona. “Ma voi, eletti con il Pd, vi contrapponete al segretario del Pd e Presidente del Consiglio, ostacolate la rottamazione, per questo la vostra è una contro riforma e per questo dovrebbero espellervi dal partito”, scrivono in queste ore alcuni twittatori non troppo diversi da quelli grillini.
Non ci contrapponiamo. Tutti i paletti posti da Renzi sono fatti propri dal Disegno di Legge che presenteremo stamani. Semmai è il governo che dovrebbe spiegare perché abbia scelto la linea, discutibile, di intervenire direttamente in materia costituzionale. E perché si ostini a voler portare Sindaci e Presidenti di Regione a Roma, per farne Senatori nel doppio lavoro. Per zittirli con un’onorificenza, per controllarli direttamente, per mandarli a Versailles lontano dai caffè brulicanti di Parigi, in questo caso dai loro territori? Già perché? Sembrerebbe che al Governo interessi più la gestione delle Autonomie che l’equilibrio costituzionale e il bilanciamento dei poteri.
Scrive Gustavo Zagrebelsky su Repubblica “I Senati dovrebbero servire ai tempi lunghi, dato che la democrazia rappresentativa pensa ai tempi brevi, i Senati dovrebbero servire ai tempi lunghi: dovrebbero essere “conservatori di futuro”. Condivido. Se Renzi vuole una camera eletta con l’Italico, è indispensabile un Senato eletto dal popolo, composto da poche personalità così note da poter essere votati in grandi collegi, il più possibile indipendenti dai partiti. di pochi senatori, personalità note, considerate di garanzia, “Ma, obiettava ieri, l’ottimo presidente della Commissione Istruzione Andrea Marcucci, persino Stefani Rodotà, nell’85, era per una sola Camera”. Gli ho risposto: anche Ingrao. Ma non una Camera eletta con un premio di maggioranza al 37% e tre soglie di sbarramento per i partiti minori. Il Bundesrat ha senso perché al Bundestag si entra con la proporzionale. Se in Italia vincesse un Berlusconi redivivo, la fecondazione assistita verrebbe interdetta per i secoli dei secoli. La legge Cirielli (a protezione dei politici corrotti) verrebbe scolpita in Costituzione. Cancellata l’obbligatorietà dell’azione penale, le procure dipenderebbero dall’esecutivo. Non scherziamo col futuro, conserviamolo.