Sono molte le osservazioni e le critiche che si stanno facendo alla proposta del Governo di riforma costituzionale del Senato e de Titolo V della Costituzione. Vediamone insieme le principali.
- La prima obiezione di fondo è quella sollevata da alcuni costituzionalisti che ritengono che dopo la sentenza n.1 del 2014 della Corte costituzionale il Parlamento non sia idoneo ad intraprendere un percorso di riforme così impegnativo. Vengono modificati oltre 40 articoli della Costituzione
- La seconda osservazione di metodo è rappresentata dal fatto che il Governo, con la sua proposta, prima, e poi con le condizioni imperative di contenuti e di tempi tende a giocare un ruolo che nelle riforme costituzionali non gli è proprio, usurpando spazi delle prerogative delle Camere. Quando questo fu fatto dal centro destra fu aspramente criticato.
- La terza osservazione è di tipo strutturale ed ha due varianti. Si dice,innanzitutto, da un lato, che pur accettando l’idea di una forte riduzione e addirittura di un dimezzamento del collegio, circa 150 senatori, si sarebbe potuta mantenere l’elezione diretta con un radicamento più stretto con i territori;
- Sempre su piano strutturale si critica inoltre la formazione del collegio espresso indirettamente Regioni ed enti locali per diversi ordine di motivi. Sovra rappresentazione degli esecutivi rispetto alle assemblee elettive locali. Troppi Presidenti di Regione e Sindaci rispetto alle espressioni degli eletti. Un appiattimento ingiustificato tra Regioni grandi e piccole. Disallineamento tra la durata degli enti locali e l’organo nazionale.
- La nomina da parte del Presidente della repubblica di 21 componenti su un totale di 148 membri è enorme e rischia di influenzare in maniera decisiva le maggioranze. Un tale tipo di “infornate” le faceva solo il Re nel Senato dell’ottocento.
- Le maggioranze che si formeranno in questo organismo saranno in ultima analisi maggioranze politiche e che potrebbero essere del tutto avulse rispetto a quelle della Camera. E’ vero che non vi sarà fiducia né il voto sul bilancio, ma su altre prerogative (leggi costituzionali e nomine di organi costituzionali) potrebbero risultare imbarazzanti.
- I poteri che vengono riconosciuti a questo nuovo Senato sono molto modesti, con l’eccezione che abbiamo detto delle leggi costituzionali e delle nomine degli organi costituzionali, e la partecipazione al processo legislativo è equivalente a quella di un organo consultivo. Questi poteri non sono lontani da quelli della Conferenza unificata Stato Regioni. Non risulterà un doppione?
- Anche gli interventi sul titolo V sono molto pericolosi ed incidono profondamente sul ruolo delle Regioni e sulle loro autonomie. Il disegno regionale è una dei punti di forza della nostra Carta costituzionale. La Corte costituzionale aveva lavorato molto per dare una corretta interpretazione alla riforma del 2001. Ora si cambia di nuovo in senso inverso e si rischia di creare una grande confusione.
- L’unica cosa giusta era quella di correggere il tiro e riportare alla competenza dello Stato alcune materie nevralgiche come ordinamento delle professioni; grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale; ordinamento della comunicazione;produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia. Per il resto bastava introdurre come in Germania la clausola di supremazia a favore dello Stato
- Il progetto di eliminare la potestà legislativa concorrente, oltre a quello che abbiamo detto, rischia di riportare le competenze delle Regioni al livello del 1970. Le malefatte di un gruppo sia pur nutrito di consiglieri regionali non merita una punizione così forte per l’intero sistema regionale che funziona. Una volta invece che saranno fortemente ridimensionate le competenze, qualcuno farà un po’ di conti e poi ci dirà che anche le Regioni sono enti inutili e costosi. Il sistema delle autonomie accanto accanto al pluralismo politico e sociale è condizione essenziale per tenere lontano l’autoritarismo.