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L’Egitto si prepara a eleggere un nuovo faraone

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Con la vittoria in tasca, il generale al Sisi annuncia in Tv di puntare alla guida del Paese. Promette sicurezza e lotta al terrorismo. Intanto, si aprono altri due maxi processi: alla sbarra 919 sostenitori di Morsi.

Articolo di: Sonia Grieco – Nena News

Ciò che era già stato dato per scontato adesso è ufficiale: Abdel Fattah al Sisi, 59 anni, capo dell’esercito egiziano e ministro della Difesa, si candida alle presidenziali che si terranno entro il 17 luglio. Lo ha annunciato ieri con un messaggio televisivo -la sua “ultima apparizione in uniforme”-  in cui ha spiegato di essersi congedato dalle Forze armate e ha anche dato qualche spunto di riflessione su quella che potrebbe essere la sua linea di governo.

“Non potrò fare miracoli”, ha detto, esortando gli egiziani a lavorare duro per il proprio Paese, e ha parlato della minaccia terroristica, impegnandosi a rendere l’Egitto “libero dalla paura”. Intanto, però, il Paese pare si stia liberando dei Fratelli Musulmani che fino al golpe del 3 luglio scorso erano al potere e adesso sono diventati fuorilegge, inseriti nella lista nera delle organizzazioni terroristiche, e in centinaia sono finiti in carcere. Dopo la sconcertante condanna alla pena capitale di 529 esponenti della Fratellanza la scorsa settimana, ieri è arrivata la notizia dell’apertura di due maxi processi che vedranno alla sbarra 919 “islamisti”, altri militanti e sostenitori del movimento islamico arrestati durante le manifestazioni seguite al golpe, che furono represse nel sangue (almeno mille i morti) e a cui sono seguiti attentati alle forze di sicurezza e ai palazzi del potere, soprattutto nell’instabile penisola del Sinai. Azioni terroristiche rivendicate da gruppi di stampo jihadista, spesso attribuite alla Fratellanza.

In questo clima di tensione, violenza e paura, continuano senza sosta gli arresti. Negli ultimi mesi, nelle prigioni egiziane sono finite circa 16.000 persone sospettate di appartenere ai Fratelli Musulmani e soltanto per 2.147 di loro sono formulati capi d’imputazione. Dietro le sbarre c’è anche l’ex presidente egiziano Mohammed Morsi, leader della Fratellanza, il primo capo di Stato eletto dopo la fine del trentennale regno di Hosni Mubarak nel 2011.

È stato proprio al-Sisi a deporre Morsi e sarà lui a guidare il Paese in questa turbolenta fase di transizione che segue la Primavera egiziana. Più che di elezioni presidenziali, infatti, si tratterà di un plebiscito per il generale che aspetta soltanto il sigillo del popolo. Uno a uno i suoi rivali si sono chiamati fuori dalla corsa elettorale; l’unico ancora in gara è Hamdeen Sabahi, uomo di sinistra arrivato terzo alle consultazioni del 2012, ma senza speranze di competere con l’uomo forte che ha dichiarato guerra alla Fratellanza. Secondo un sondaggio del Centro egiziano per l’Opinione Pubblica Baseera, Sabahi piace all’1 per cento degli egiziani che, invece, nel 51 per cento dei casi hanno dichiarato che avrebbero votato al-Sisi ancora prima che ufficializzasse la sua candidatura. Dati che mettono in luce la delusione da parte dei giovani egiziani per la piega che ha preso la rivolta iniziata proprio da loro: la percentuale degli under 30 che ha dichiarato di non voler andare a votare è doppia rispetto a quella degli intervistati over 30. La loro rivoluzione è stata tradita.

Da perlapace.it


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