«Mio fratello credeva nelle istituzioni, tanto da candidarsi al consiglio comunale in quelle elezioni di cui non riuscì a vedere l’esito». Così Giovanni Impastato, fratello del militante di democrazia proletaria, ucciso a Cinisi da Cosa nostra il 9 maggio del 1978 ricorda un Peppino che “appartiene a tutti” “senza rivendicazioni”. Eppure per Peppino, animatore di Radio Aut, giornalista e politico, 34 anni dopo il suo assassinio voluto da don Tano Badalamenti, non è tempo di pace. Anche la Chiesa, quest’anno ha detto “che i tempi non sono maturi” per una messa in ricordo del giovane di Cinisi. «Non c’è alcuna polemica – dice il parroco – abbiamo ritenuto che in una veglia si potesse dare più spazio al ricordo, alle letture, alle riflessioni» . La celebrazione è stata sostituita da una più laica «veglia di preghiera per la legalità e la giustizia sociale», officiata ieri sera da don Luigi Ciotti, presidente di Libera.
Cento Passi per Peppino. Nello stesso giorno in cui in tutta Italia si ricorda Impastato, proprio gli amministratori locali hanno voluto far sentire la propria voce, nel nome di Peppino. Lo hanno fatto puntando il dito su quello che rimane, a distanza di tanti anni, l’elemento chiave della lotta antimafia: la confisca e il riutilizzo sociale dei beni confiscati. «I beni confiscati alle mafie non vanno venduti. Non sono beni come tutti gli altri. Sono beni che hanno un forte valore simbolico, sono uno dei pilastri sui quali i mafiosi fondano il loro potere. I beni confiscati vanno utilizzati per fini sociali: è questo il modo per restituire credibilità e autorevolezza alle istituzioni, per togliere consenso sociale ai mafiosi, per dimostrare che è possibile sconfiggere le mafie, per affermare la convenienza della legalità». Questo l’appello lanciato da Andrea Campinoti, Presidente di Avviso Pubblico, Carolina Girasole, Sindaco di Isola Capo Rizzuto (e vice presidente di Avviso Pubblico) ed Elisabetta Tripodi, Sindaco di Rosarno alla presentazione del Rapporto di Avviso Pubblico intitolato “Amministratori sotto tiro. Intimidazioni mafiose e buona politica”, che si è svolta ieri a Cinisi.
Peppino Impastato. Peppino Impastato, nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali, tanto che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Il giovane militante frequenta il Liceo Classico di Partinico e si avvicina alla politica, in particolare al PSIUP, formazione politica nata dopo l’ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri giovani fonda un giornale, “L’Idea socialista” che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato e conosce Danilo Dolci, formatore/educatore pacifista in quegli anni impegnato in Sicilia. Qualche anno dopo dai microfoni di Radio Aut denuncerà lo strapotere dei boss e su tutti di “Tano seduto” così lo chiamava Badalamenti, una scelta che segnerà la rottura con una parte della sua famiglia e il silenzio dell’omertà che in quegli anni avvolgeva Cinisi. Leggi qui la storia di Peppino Impastato
Peppino, 34 anni dopo. Dopo molti anni di silenzi e depistaggi la memoria di Impastato è stata restituita alla collettività e ai giovani. I compagni di Peppino non hanno mai smesso di ricordarlo attraverso i suoi scritti, le poesie e i documenti politici. Una memoria custodita negli anni da articoli, ricerche, documenti, atti processuali, dal Centro di documentazione dedicato a “Peppino Impastato” e animato da Umberto Santino e Anna Puglisi. Dalla forza degli articoli di Salvo Vitale e quella della testimonianza del fratello, Giovanni Impastato. Per tanti anni era stata la voce della madre, Felicia Impastato, venuta a mancare nel 2004, a restituirci la dolcezza e la determinazione di suo figlio, Peppino. Eppure, la giustizia non ha ancora fatto piena luce sui depistaggi che sul delitto Impastato si verificarono sin dalle prime ore. Negli ultimi due anni, sotto questo profilo investigativo, sono emerse connivenze e lentezze, le stesse che allontanarono per molti anni la verità dalla giustizia. Si è a lungo parlato dell’archivio di Peppino Impastato, riemerso in parte negli stanzoni della procura di Palermo, impolverati. E in parte, smarrito.
Raccontare Impastato, oggi. Come combattere la mafia, come colpirla sotto il profilo culturale e denunciare i suoi interessi, questo il messaggio più forte tramandato alle nuove generazioni dall’esempio di Peppino Impastato. Così in tanti, lo raccontano. Noi vogliamo ricordarlo attraverso due lavori, già vincitori di un premio giornalistico nel 2011. Il primo è un lungo articolo, autore Federico Alagna, cui è andato lo scorso anno il riconoscimento del Festival del giornalismo “Una storia ancora da raccontare” del IJF2011 di Perugia. (Clicca qui per leggerlo e scaricarlo). Il secondo il video realizzato da due giovani animatori di una radio (RadioLiberaTutti) Enrico Tata e Ruggero Spataro (vincitori del premio “Una storia ancora da raccontare – sezione video – IJF2011 di Perugia)
Negli ultimi anni la nascita di “RadioCentoPassi” coordinata fra gli altri da Danilo Sulis, http://www.radio100passi.net/radio/ ha trasferito sul web lo spirito di quella radio libera che alla fine degli anni ’70 in Sicilia rappresentò la prima efficace sfida culturale alla subcultura mafiosa nella provincia di Palermo. Tanti i presidi e i coordinamenti della rete di associazioni di Libera dedicati a “Peppino Impastato”. Molte le iniziative che si sono svolte a Cinisi in questi giorni. A chiudere il fitto calendario di appuntamenti la manifestazione delle 16.30 dalla vecchia sede di «Radio Aut»a Terrasini, fondata da Peppino Impastato nel 1976, con il corteo che nel corso del pomeriggio raggiungerà Cinisi per poi concludere l’evento con la lettura del documento conclusivo dell’edizione del Forum 2011.