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Il sequestro cautelare di un blog in sede penale può essere ritenuto illegittimo se incide sul diritto di libertà di manifestazione del pensiero

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La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare la possibilità, in sede penale, del sequestro preventivo di un sito web, non potendo negarsi che ad esso possa attribuirsi una sua “fisicità”, ovvero una dimensione materiale e concreta. Inoltre si è escluso che il sito internet goda delle stesse tutele assicurate dalla legge al mezzo della stampa, rispetto allo strumento cautelare del sequestro, consentito dall’art. 1 del R.D. 561 del 1946 (salvo i casi eccezionali delle pubblicazioni o stampati osceni od offensivi della pubblica decenza ovvero di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili, ossia l’ipotesi della stampa clandestina), solo nella forma del sequestro probatorio “di non oltre tre esemplari dei giornali o delle pubblicazioni o stampati, che importino una violazione della legge penale” (Sez. 5, n. 30611 de! 12/06/2008, Battei, Rv. 240436; Sez. 5, n. 7319 del 07/12/2007 – dep. 15/02/2008, Longhini, Rv. 239103; Sez. 5, n. 15961 del 24/01/2006, Ferrari, Rv. 234116).

Va però considerata (a particolarità del caso in cui il sito sottoposto a sequestro contenga un blog (letteralmente contrazione di web-log, ovvero “diario in rete”), termine con il quale si definisce quel particolare tipo di sito web, gestito da uno o più blogger, che pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti multimediali, in forma testuale o in forma di post (concetto assimilabile o avvicinabile ad un articolo di giornale), che vengono visualizzati in ordine cronologico, partendo dal più recente, in funzione del loro carattere di attualità. In caso di sequestro di un blog, l’inibitoria che deriva a tutti gli utenti della rete all’accesso ai contenuti del sito è in grado di alterare la natura e la funzione del sequestro preventivo, perché impedisce al blogger la possibilità di esprimersi.

Va a tal proposito considerato quanto già affermato dalla Suprema Corte (Sez. Quinta Pen., n. 7155 del 10/01/2011, Barbacetto, in motivazione), rispetto ai casi in cui la misura cautelare reale cada su di un supporto destinato a comunicare fatti di cronaca ovvero espressioni di critica o ancora denunce su aspetti della vita civile di pubblico interesse, quale appunto un blog dì libera informazione (oggetto di quella decisione era un sequestro preventivo di un articolo pubblicato su un sito internet, contenente espressioni ritenute lesive dell’onore e del decoro); in casi del genere, infatti, il vincolo non incide solamente sul diritto di proprietà del supporto o del mezzo di comunicazione, ma sul diritto di libertà di manifestazione del pensiero (cui si ricollegano l’esercizio dell’attività d’informazione, le notizie di cronaca, le manifestazioni di critica, le denunce civili con qualsiasi mezzo diffuse), che ha dignità pari a quello della libertà individuale e che trova la sua copertura non solo nell’art. 21 della Costituzione, ma anche – in ambito sovranazionale – nell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché nell’art. 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (si veda, tra le ultime decisioni della Corte EDU, Wegrzynowski and Smolczewski v. Poland, Quarta Sezione, sentenza del 16 luglio 2013).

Un giusto contemperamento di opposti interessi di rilievo primario impone allora che l’imposizione del vincolo sia giustificata da effettiva necessità e da adeguate ragioni, il che si traduce, in concreto, in una valutazione della possibile riconducibilità del fatto all’area del penalmente rilevante e delle esigenze impeditive, tanto serie quanto è vasta l’area della tolleranza costituzionalmente imposta per la libertà di parola.

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