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Ilaria Alpi, le opinioni sono libere, ma almeno non siano “da bar”

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Caro Massimo (Alberizzi, ndr), un’altra volta? Sono vent’anni che ci spieghi che Ilaria Alpi era tua amica. Anzi, nel tempo lo diventa sempre più: questa volta ci spieghi che ti confidava anche i suoi amori. D’accordo, abbiamo capito, eravate amici. Io no. Vedi, io non ho avuto questa fortuna. L’ho conosciuta dopo, cercando di ricostruire chi era, come faceva la giornalista, quali motivazioni profonde l’avevano mossa. E perché è stata uccisa. L’ho conosciuta a partire dal 12 gennaio 1998 (giorno che chi ha seguito il caso “Alpi-Hrovatin” sa essere molto importante). Quindi sono 15 anni abbondanti che ho “a che fare con lei”.

Prima di scriverti alcune considerazioni sul tuo intervento, non posso fare a meno di fare una premessa: sono sempre rimasto stupito del fatto che, nonostante la tua sbandierata amicizia con Ilaria, in tutti questi anni tu non abbia mai sentito l’esigenza di capire perché è stata uccisa (non necessariamente per i “traffici”, per carità, quelle secondo te sono “tesi precostituite”, va bene anche seguendo qualunque altra pista, errore di mira incluso, magari volevano colpire l’autista e hanno sbagliato bersaglio). Molte delle persone – giornalisti e non – che erano presenti il 20 marzo alla serata di Rai 3 erano suoi amici (compreso il conduttore Andrea Vianello), chi più chi meno, e tutti, ciascuno a modo proprio, con le proprie competenze e sensibilità, ha profuso impegno e passione. Chi per contribuire alla ricerca della verità, chi per ricordarla, chi per farci capire che persona era, al di là del suo lavoro. Tu no. Ok, ognuno ha il suo modo di vivere l’amicizia. Venendo al merito, ogni volta che c’è una novità, un momento-chiave, un passo avanti nella vicenda, puntualmente intervieni per ribadire tre cose: 1. Che Ilaria era tua amica; 2. Che non stava facendo alcuna inchiesta sui traffici perché, se così fosse, te l’avrebbe detto; 3. Che, quindi, chi sostiene la tesi dell’assassinio per “chiuderle la bocca” rispetto alle sue scoperte lavora solo di fantasia. Chi mi legge si renderà conto della forza quasi sillogistica di tali affermazioni.

Il tuo intervento chiarificatore arriva sempre con perfetto tempismo: ricordando solo le ultime occasioni, è avvenuto nel periodo dei lavori della Commissione parlamentare Alpi-Hrovatin; più di recente nel marzo 2012, quando io e il collega Andrea Palladino pubblicammo un’inchiesta sul Fatto Quotidiano on line, nella quale si rivelava l’esistenza di documenti di provenienza d’intelligence che evidenziavano implicazioni di uomini di Gladio nel caso dei due giornalisti Rai. E di nuovo ora, quando si parla dell’importante annuncio della desecretazione di centinaia di documenti (anche dei servizi segreti), e proprio nei giorni del ventennale del duplice omicidio.

Tornando al “sillogismo”, a parte il fatto che io, pur avendo tanti amici, anche carissimi, non vado normalmente a raccontare loro delle inchieste giornalistiche che conduco, la cosa più curiosa è che al contrario di quello che dici, la verità è che tra il 1992 e il 1994 effettivamente faceste alcune interviste e attività d’indagine giornalistica insieme. Se ne trovano abbondanti tracce (cito un solo esempio, l’intervista alla moglie del signore della guerra Ali Mahdi, peraltro interessantissima, nella quale la donna parla diffusamente di chi e come forniva le armi ai miliziani somali). E andando a vedere i tuoi articoli usciti sul Corriere in quegli anni, ti occupasti per diversi mesi dei traffici illeciti, specie di quelli di rifiuti (ho nel mio archivio tuoi pezzi sul caso sollevato dalla clamorosa conferenza stampa del funzionario Onu Mustafa Tolba che nell’agosto 1992 denuncia pubblicamente l’imminente arrivo di un carico di materiale tossico, nell’organizzazione del quale – dice Tolba – erano coinvolte società svizzere e italiane, con la complicità della mafia. Insomma, mica roba da poco; oggi sappiamo che si trattava del colossale Progetto Urano). La cosa strana è che hai smesso improvvisamente di occupartene dal momento in cui sono stati uccisi Ilaria e Miran, sostenendo da allora in poi che Ilaria non aveva mai condotto alcuna inchiesta su questi temi, e dimenticandoti anche del tuo stesso lavoro d’inchiesta.

Scrivi, nel corsivo uscito su Articolo 21, che “non credi” alla pista dei traffici di armi e rifiuti. Fatto salvo che concordo con Maurizio Torrealta (ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni), non posso però dimenticare che sei un giornalista, e pure di un grande quotidiano italiano. Perciò, pur rispettando il tuo diritto a esprimere opinioni, non posso non replicare che mi aspetto che non siano da bar, visto il mestiere che fai. E viceversa contesto recisamente che le mie (e di tanti altri colleghi) siano opinioni: per quel che mi riguarda, in 15 anni, non ho mai espresso opinioni, ho dato notizie, cercando di approfondirle, verificarle e di trovarne i riscontri giornalistici. Quindi, per cortesia, se hai notizie che confutano quelle che io e tanti colleghi abbiamo pubblicato sulle piste che seguiva Ilaria Alpi riguardo a mala cooperazione, traffici d’armi e scorie, pubblicale, dai il tuo contributo, scrivi. Il fatto che continui a dire che non credi alla pista dei traffici senza aver mai lavorato sul caso, né aver approfondito (con rigorosi criteri d’indagine giornalistica, intendo) alcuna altra spiegazione plausibile dell’assassinio della collega, beh, mi fa dire che della tua opinione non so che farmene. Quelli che tu chiami “i fiumi d’inchiostro” contengono notizie, parlano di documenti, riportano testimonianze, descrivono analisi e incrocio di fonti. Le tue opinioni mi informano che Ilaria era tua amica. Grazie. Passiamo oltre, per favore.

C’è poi un paio di passaggi, nelle tue righe, dei quali ti chiedo invece conto: chi sono i colleghi che “disinformano”? Puoi farci i nomi? Chi sono quelli che “hanno tesi precostituite”? Chi sono – insisto – quelli che “ingannano i lettori”? Anche queste affermazioni dobbiamo considerarle opinioni da bar? Perché, se invece ritieni che queste tue parole abbiano un fondamento, allora mi spiace ma non basta sparare nel mucchio. Fai il giornalista, non l’avventore della domenica mattina. Quindi, fai nomi, spiegaci circostanze, riscontri notizie. Ti ricordo che i colleghi che tu definisci “ingannatori”, cioè coloro che hanno portato elementi a sostegno dell’assassinio legato ai traffici d’armi e rifiuti, sono Maurizio Torrealta, Roberto Scardova, Federica Sciarelli, Miriam Mafai, Giovanni Minoli della Rai, Sabrina Giannini e Milena Gabanelli di Report, Carlo Lucarelli con Blu Notte, il giornalista parigino Paul Moreira col documentario trasmesso dalla Rai lo scorso anno, il sottoscritto, Barbara Carazzolo e Alberto Chiara di Famiglia Cristiana, Raffaele Masto ed Elisabetta Jancovich di Radio Popolare, Gianni Ballarini di Nigrizia. E ancora bravissimi colleghi free lance: Luigi Grimaldi, Andrea Palladino, Alessandro Rocca, Andrea Tornago, Roberto Di Nunzio, Giorgio Giorgi. Senza contare l’ex onorevole Mariangela Gritta Grainer, Francesco Cavalli, Barbara Bastianelli e l’intera Associazione Ilaria Alpi, l’ex deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli, i magistrati, gli agenti della Forestale dell’ex gruppo investigativo di Brescia, il nucleo della Digos di Udine, alcuni investigatori dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, diversi ufficiali di polizia giudiziaria e magistrati della Commissione “Alpi-Hrovatin” (che nonostante Taormina fecero uno splendido lavoro di indagine e ricostruzione, vanificato dalle conclusioni fuorvianti del Presidente). Per non parlare ovviamente di Luciana e Giorgio (finché era con noi) Alpi. Libero di non credere a nessuno di costoro, ma la lista è lunga: il contraltare della tua “opinione” è il lavoro di questi professionisti di altissimo livello. E dei genitori di Ilaria.

Concludo con una notazione, riguardante l’autista di Ilaria: si chiama Sid Ali Mohamed Abdi, come risulta dalle sue deposizioni alla Procura di Roma. Non ho ben capito perché lo citi nel tuo intervento, forse volevi farci capire che eravate così amici con Ilaria da condividere anche l’autista. Su Sid Ali, però, ho una domanda da porti: davanti ai magistrati hai dichiarato che la pistola in possesso dell’autista, che aveva con sé anche sul luogo dell’omicidio, gliel’avevi regalata tu. È proprio vero? Regalare pistole in quale ambito dell’attività giornalistica rientra?


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