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Il fardello delle promesse. Caffè del 7 marzo

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Ai due principali quotidiani nazionali è piaciuto il piglio del Premier a Bruxelles. “Renzi sfida l’Europa sui conti”, Corriere della Sera. “Basta con i compiti a casa”, la Repubblica. Il Fatto, però, parla di “Governo caos”. E si riferisce alla grana della parità di genere e all’esame “attento” che ora Napolitano promette prima di firmare la legge elettorale in gestazione. Ma fa riferimento anche alla richiesta europea di rispettare il tetto del 3 per cento al deficit e alla cacofonia di governo sui conti lasciati in eredità da Letta, con Saccomanni che twitta il contrario di quel che Renzi dice e Padoan che cerca di mediare. E poi ai sottosegretari indagati e alla ricerca delle coperture per l’economia

Tocca così a la Stampa confidarci gli umori del premier. Al telefono avrebbe detto a Geremicca: “Ridicolo chi mi attacca”. Ridicolo, perché “la fiducia tra la gente” starebbe crescendo. Perché non è stato certo lui, Renzi, a suggerire che i bambini di Siracusa intonassero l’eterna canzonetta, “battiam, battiam le mani”. Ridicolo, infine, perché: “avevo promesso una nuova legge elettorale in tempi veloci e così sarà”. Può darsi, ma a me pare che Renzi paghi, da premier, per l’agenda che voleva imporre al premier (Letta) quand’era ancora solo segretario. L’urgenza di cancellare la legge elettorale proporzionale lasciata in eredità dalla Consulta serviva a porre un limite temporale al governo. Così come il jobs act voleva disegnare un orizzonte, ben sapendo che i posti di lavoro non si creano in pochi mesi. E persino la polemica sui sotto segretari “impresentabili” è, in parte, conseguenza dei tweet sbarazzini del segretario, e non ancora premier, su Cancellieri e Di Girolamo.

Ora che è a Palazzo Chigi, converrebbe a Matteo Renzi che i giornali lo giudicassero per l’approccio più decisionista, mostrato a Bruxelles, per le misure anti evasione e anti corruzione (Civati ha presentato l’emendamento anti riciclaggio) che vorrà mettere in cantiere, per la capacità di spendere i soldi che ci sono ma che l’amministrazione non sa spendere, per l’intenzione di investire – il Sole24 Ore afferma che avrebbe un sostanziale via libera – i fondi europei previsti da qui al 2020. Ma il cambio di casacca è stato rapido, è passata l’idea che l’abbia voluto proprio lui, e ora Renzi deve fare i conti con un’agenda che aveva scritto prima e per un premier diverso e, alla fine, da rottamare.

Se da qui alle elezioni europee non sarà riuscito a spostare l’attenzione su atti concreti e pratiche innovatrici del suo governo, se non sarà riuscito a costruire liste e programmi convincenti – si dice che potrebbe presentarsi capolista in tutte le circoscrizioni – per le Europee, se non avrà saputo dare segnali apprezzabili contro corruzione e inefficienza pubblica, le cose, per Renzi, potrebbero non mettersi bene. Anche se continuo a credere che  il suo decisionismo, bonapartismo o cesarismo, chiamatelo come vi pare, sia sostenuto dall’aspettativa, solida e non di breve momento, di parte consistente della pubblica opinione, ormai troppo stanca da un regime in crisi da mezzo secolo, che tutto corrompe, paralizza, rimanda alle calende greche.

“La Crimea: ci uniamo alla Russia. L’ira di Obama: il voto è illegale”, Repubblica. Bernardo Valli spiega bene: “Putin continua ad affiancare con grande disinvoltura un’autentica prepotenza e una finta legalità. Nell’invadenza è pignolo. Non vuole prove evidenti”. La Russia, come sempre, appare in ritardo. Ovvio che un referendum indetto in fretta (per il prossimo 16 marzo) e in modo unilaterale dal parlamento della Crimea, appaia a Obama e al mondo di dubbia legalità. Ma l’Europa è ancora più in ritardo. E per sua colpa. Avrebbe dovuto scongiurare la crisi tra europeisti e filo russi in Ucraina, non parlare neppure di Kiev nella Nato, offrire i suoi buoni uffici perché Kiev offrisse alla Crimea un’ampia autonomia. Invece come le tre scimmie ha deciso di non vedere, non sentire, non parlare.

Oggi queste cose di buon senso che si sarebbero dovute fare le propone persino Kissinger (sempre su Repubblica), ma oggi forse è tardi. L’apertura ad est (gestita come longa manus di interessi geo politici americani) e l’inesistenza di un qualche legame tra politica estera dell’Unione Europea e potenza e interessi economici dell’Area Euro, è stato ed è questo il vero tallone d’Achille dell’Europa. La Germania, ora,  si barcamena cercando di proteggere i suoi interessi.  Noi, con lei.

Da corradinomineo.it


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