Parma, il sindaco a 5 stelle vieta ai dipendenti di parlare con i giornalisti, condividere post e mettere like sui social, e reintroduce le veline di palazzo.
di Crudelia per voltapagina
PARMA. Qualche tempo fa Federico Pizzarotti, primo sindaco grillino di una città capoluogo, dal suo scranno del Palazzo municipale di Parma digitava sul proprio profilo Facebook: “Il giornalismo italiano è morto da tempo”.
E, dopo una lunga tirata contro i maggiori quotidiani – da quelli, odiatissimi, di partito passando per il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore – concludeva apodittico: “Meglio Cronaca Vera, si sapeva cosa si stava leggendo” (per amor di verità e a beneficio di Pizzarotti, Cronaca Vera esce ancora).
Social vietati ai dipendenti
Sui social network il primo cittadino della ex capitale del Ducato può scrivere ciò che vuole, ma i 1300 dipendenti del suo Comune no. A loro è vietato non solo fare commenti in rete sull’ente per cui lavorano, ma anche parlare con i giornalisti.
Dio non voglia che un impiegato dell’anagrafe o della manutenzione del verde venga beccato a conversare con un cronista o a rilasciare una dichiarazione davanti a una telecamera: rischia quattro giorni di sospensione dal lavoro e dallo stipendio.
Peggio ancora se a un funzionario o a un usciere scappa di cliccare un “like” sotto a uno stato di Facebook relativo all’attività del Comune, se osa fare un commento, chessò, sul funzionamento degli asili o l’orario di apertura dello sportello giovani: in questo caso si rischia la sospensione fino a dieci giorni.
Spunta la velina pentastellata.
Il diktat è chiaro: bocche cucite sulle questioni che riguardano il governo pentaststellato di Parma, e bavaglio ai giornalisti che avranno possibilità d’interloquire solo con gli addetti stampa e i portavoce autorizzati dall’amministrazione.
Il regolamento è stato varato alla chetichella nel dicembre scorso, ma solo in questi giorni è stato reso pubblico della Gazzetta di Parma, presumibilmente dopo la chiusura dei rubinetti delle notizie da parte di qualche fonte timorosa di sanzioni.
Insomma, a Parma si torna alle veline di Palazzo. E anche solo avere amici giornalisti, con cui magari ci si limita a una partita a tressette o a due chiacchiere dal parrucchiere, può essere sospetto per il personale municipale. Dall’usciere al dirigente, stiano accorti: come nei migliori regimi, le critiche sono sgradite e quindi vanno represse e sanzionate.
Le analogie con De Magistris.
A dire il vero, anche a Napoli il sindaco De Magistris (Idv) ha posto il veto sul gossip istituzionale applicando rigidamente il codice di comportamento che si sta diffondendo nelle pubbliche amministrazioni e vietando la comunicazione con i rappresentanti degli organi di stampa a chi non è espressamente autorizzato.
Ma Pizzarotti ha deciso che anche un Twitter o un commento su Facebook può recare “nocumento” (così si legge nel testo, perché sulla burocrazia lessicale ancora non si è intervenuti) all’Ente; quindi, stop alla condivisione di notizie e ai commenti critici, se non si vuole incorrere in sanzioni.
La protesta del sindacato giornalisti.
Il sindacato dei giornalisti è intervenuto contro il Comune di Parma mettendo in risalto il vero fine dell’assurdo divieto, cioè “quello di impedire che informazioni che non piacciono a chi governa la città giungano ai cittadini”. Fnsi e Aser, attraverso i rispettivi presidenti, si sono dette sconcertate “di fronte a scelte e provvedimenti il cui scopo evidente è sottrarre chi amministra dal dover rendere conto agli elettori delle proprie scelte grazie al controllo che l’informazione deve esercitare su tutti i poteri, compreso quello locale”.
Anche per il lavoro gratis all’Ufficio stampa.
Al Comune di Parma i giornalisti evidentemente non piacciono, a meno che non si prestino a lavorare gratis. Appena insediato, infatti, il Sindaco emanò un bando che fece non poco discutere: si cercava un giovane giornalista per un periodo di lavoro nell’Ufficio stampa. Compenso previsto: nessuno, nemmeno un piccolo rimborso spese. Si trattava di un tirocinio curricolare offerto agli studenti universitari, precisò il Comune.
Ma il lavoro previsto non era virtuale, sebbene senza alcuna spesa per l’Ente. Come se a spasso non ci fossero fior di professionisti in grado di ricoprire quel ruolo con un regolare contratto.
E Piacenza catechizza i giornalisti.
Comunque, se la libertà d’informazione a Parma non ride, nemmeno nell’altra città del Ducato gode di buona stampa. Basti pensare al bando, che ha suscitato un vespaio di polemiche, emanato dal Comune di Piacenza per la ricerca di un comunicatore con il compito di formare i colleghi giornalisti sui temi della sicurezza e renderli in grado di “veicolare dati e notizie corretti”.
Insomma, la voglia di imbavagliare, addomesticare e mettere la sordina all’informazione è diventata virale, specchio iinquietante dell’abisso in cui va precipitando la democrazia.