And the winner is… Matteo Renzi, per il Giornale. Che scrive: “Il capo comico battuto dal suo miglior allievo”. Per Sebastiano Messina, Repubblica, invece: “il vero mistero è cosa abbia spinto Matteo Renzi a cadere in questa trappola mediatica. Lui ha puntato tutto sul sorriso e sull’amabilità, «io compravo i biglietti dei tuoi show», ma ha capito troppo tardi di essere ostaggio di un teppista istituzionale ed è rimasto fino all’ultimo nella parte del politico dialogante…In quei dieci lunghissimi minuti è apparso un leader in difficoltà, che non sapeva proprio come cavarsi d’impaccio”.
Massimo Gramellini, sulla Stampa, guarda ai voti e per lui la vittoria ai punti spetta al presidente del consiglio incaricato. “Se in gioco c’erano i voti dei grillini moderati, «the winner is» Matteo, che quegli elettori tenta di sedurre da tempo, a colpi di tagli alle province e alle autoblù. Si tratta di persone che detestano i privilegi dei politici, ma hanno ancora una insopprimibile predilezione per il rispetto delle forme. E quel Grillo che, come certi arnesi da talk show, interrompe l’interlocutore e si rifiuta di ascoltarlo, appare più un eversore che un liberatore”.
Invece Antonio Padellaro, direttore del Fatto Quotidiano, mette insieme il colloquio con Grillo e quello, precedente, con un altro capo comico, fisicamente in disarmo, ma politicamente ancora pericoloso, Silvio Berlusconi. Scrive: “se fallisce Grillo, finisce il tentativo di gestire con gli strumenti parlamentari un dissenso di massa quale non si era mai visto. Ma, se fallisce Renzi, si esaurisce l’ultima speranza di restituire un minimo di credibilità a una politica mai così sputtanata.” E allora? “Perciò – conclude Padellaro – i sette minuti a quattr’occhi tra Renzi e Berlusconi sono più preoccupanti dei nove minuti di scazzo tra Grillo e Renzi”. È l’ipoteca di B sul governo che fa del comico il vincitore.
Ieri Civati ha riproposto, come anch’io avevo fatto nel caffè, l’analisi di Barbara Spinelli del Pd partito-stato che si svuota della partecipazione e diventa apparato e comitato elettorale. Poi si è indignato per quel Cosentino, amico dei Casalesi e cacciato dal Parlamento, che ha detto ai suoi: “Adesso entriamo al governo, saremo noi il valore aggiunto di Renzi”. Ora, già quello di Renzi in Direzione è stato un blitz, ma nemmeno quel blitz prevedeva l’allargamento della maggioranza a siffatti figuri. Doris Del Moro, capogruppo del Pd in commissione affari costituzionali”, e non “civatiana” ha avvertito come voci del genere “mettono a rischio la tenuta del gruppo Pd”. Insomma. è venuto il momento di un gesto forte, che rappresenti il disagio di chi, nel Pd, non tollera che il governo si acconci ai ricatti dei fratelli separati di B?
La questione è posta, ma consentitemi ancora di citare Virzì, che di spettacolo se ne intende. Ha definito la diretta dell’incontro con Renzi “una cosa angosciante”. Grillo “è affetto da mitomania, soffre di auto esaltazione, non sa controllarsi, è capace solo di trasmettere un malumore devastante. Gli dicono di andare alla consultazione e ci va da bullo, con una logica da gang, a far vedere che è quello che mena di più”. Guardate che quello di Virzì è un giudizio “tecnico”: è vero “gli attori sono fragili, sottoposti a fortissimi stress…passano frequentemente e rapidamente da stati di esaltazione a stati di depressione”. Ma l’angoscia è politica. Perché dopo 30 anni di opportunismi e cedimenti, con una sinistra senza idee forti né spessore morale, Grillo viene preso sul serio dai media e da noi stessi, sia se rimpiange i tempi in cui si esibiva a Sanremo, sia se scambia le istituzioni per un localaccio dove i clienti godono a farsi insultare. Non sono né giovane né bravo come Renzi. Frasi come “vuoi che ti aiuti con la prevendita” o “esci dal blog Beppe”, non mi sarebbero venute. Ma gli avrei dato del lei. E gelido avrei detto: se non vuole confrontarsi, grazie, può andare.
Qui si gioca il futuro del Paese. E questo Grillo, come Berlusconi, va combattuto con una campagna culturale e politica spietata. In Parlamento, in televisione e soprattutto in ogni circolo, in ogni iniziativa pubblica, dovunque nel paese. Per ridurlo al suo ruolo vero, di alter ego e ventriloquo del peggior Berlusconi. Un piccolo borghese arrogante. Certo di genio, perciò capace di di assorbire come una spugna malumori e mezze verità, ma non in grado di metterle in ordine, di farne sintesi. Piuttosto le sputa in odio a destra e sinistra, nel tentativo narcisista di restar solo. Di affermarsi come il migliore davanti allo specchio, per poi magari spararsi un colpo. Renzi ha sbagliato a scendere sul suo terreno.
E sbaglieremmo noi, che ancora crediamo nella sinistra, se precipitassimo la nostra scelta in dissenso sotto la spinta del disgusto e della nausea che pervadono tweet e post. Il cammino è segnato. Sfidare Grillo e dire no ai ricatti di Alfano. Costruire un’intesa con Sinistra Ecologia e Libertà e con coloro, tra i 5 stelle, che vogliano cambiare il mondo e non solo riempirlo di sterco. Sfidare il Pd sulla questione centrale della partecipazione, della costruzione di programmi e soluzioni dal basso. E porre le basi per l’affermarsi di una nuova soggettività della sinistra. Con ciò vi saluto. Anch’io ho una famiglia, che amo e che intendo accudire, ogni tanto. Il caffè riprenderà martedì 25 febbraio