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Diffamazione. Nuova querela per il giornalista Rino Giacalone

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Il cronista siciliano citato dalla vedova di Mariano Agate (condannato per la strage di Capaci) che lo accusa di aver offeso la memoria del marito

Rino Giacalone, giornalista siciliano, è stato querelato per diffamazione a mezzo stampa da Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e morto nel 2013.

Il cronista viene accusato di avere offeso la memoria di Agate in un articolo del 3 aprile 2013 che ne annunciava la scomparsa (Don Mariano Agate è arrivato al capolinea) sul blog collettivo malitalia.globalist.it. Il pezzo si concludeva così:

“Oggi bisogna dire che la sua morte toglie alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di merda””

riprendendo una frase di Giuseppe Impastato, il quale aveva definito la mafia “una montagna di merda”.

Ora Giacalone ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, condotte dal pubblico ministero della Procura di Trapani Franco Belvisi. Il giornalista viene assistito dall’avvocato Carmelo Miceli del foro di Palermo: alla tutela legale ci deve pensare personalmente, visto che in questo caso non ha un editore alla spalle. “Depositerò una memoria per vedere se il pm si convince a chiedere l’archiviazione”, dice ad Ossigeno.

LE ACCUSE – Come prevede l’articolo 597 del codice penale, nel caso si ritenga offesa la memoria di un defunto, a presentare querela possono essere i ‘prossimi congiunti’ (oltre che l’’adottante’ e l’’adottato’). La signora Pace, assistita dall’avvocato Celestino Cardinale del foro di Marsala, sostiene – come si legge nel testo della querela depositata il 23 maggio scorso – che il marito sarebbe “in ogni caso meritevole di pietas in quanto defunto” (anche se è bene notare che il termine latino, in realtà, era originariamente limitato all’ambito religioso).

Non può essere consentita un’offesa del genere, sostiene ancora Rosa Pace, neanche “nei confronti di soggetti destinatari di plurime condanne anche per reati gravissimi”. Inoltre Giacalone non potrebbe richiamarsi al diritto di critica, essendo andato ben oltre con un giudizio personale offensivo che non rispetterebbe neanche la prescrizione – sancita dalla Cassazione nel 1984 e universalmente riconosciuta come tale nel giornalismo nostrano – alla continenza verbale dell’espressione.

I PRECEDENTI – Per Giacalone non si tratta della prima querela. Ossigeno ha raccontato le precedenti: quella di un ex pm di Palermo, quella di un senatore e pure la condanna a risarcire con 25mila euro l’ex sindaco di Trapani.

MF – OSSIGENO

Il cronista siciliano citato dalla vedova di Mariano Agate (condannato per la strage di Capaci) che lo accusa di aver offeso la memoria del marito

Rino Giacalone, giornalista siciliano, è stato querelato per diffamazione a mezzo stampa da Rosa Pace, vedova di Mariano Agate, condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e morto nel 2013.

Il cronista viene accusato di avere offeso la memoria di Agate in un articolo del 3 aprile 2013 che ne annunciava la scomparsa (Don Mariano Agate è arrivato al capolinea) sul blog collettivo malitalia.globalist.it. Il pezzo si concludeva così:

“Oggi bisogna dire che la sua morte toglie alla Sicilia la presenza di “un gran bel pezzo di merda””

riprendendo una frase di Giuseppe Impastato, il quale aveva definito la mafia “una montagna di merda”.

Ora Giacalone ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, condotte dal pubblico ministero della Procura di Trapani Franco Belvisi. Il giornalista viene assistito dall’avvocato Carmelo Miceli del foro di Palermo: alla tutela legale ci deve pensare personalmente, visto che in questo caso non ha un editore alla spalle. “Depositerò una memoria per vedere se il pm si convince a chiedere l’archiviazione”, dice ad Ossigeno.

LE ACCUSE – Come prevede l’articolo 597 del codice penale, nel caso si ritenga offesa la memoria di un defunto, a presentare querela possono essere i ‘prossimi congiunti’ (oltre che l’’adottante’ e l’’adottato’). La signora Pace, assistita dall’avvocato Celestino Cardinale del foro di Marsala, sostiene – come si legge nel testo della querela depositata il 23 maggio scorso – che il marito sarebbe “in ogni caso meritevole di pietas in quanto defunto” (anche se è bene notare che il termine latino, in realtà, era originariamente limitato all’ambito religioso).

Non può essere consentita un’offesa del genere, sostiene ancora Rosa Pace, neanche “nei confronti di soggetti destinatari di plurime condanne anche per reati gravissimi”. Inoltre Giacalone non potrebbe richiamarsi al diritto di critica, essendo andato ben oltre con un giudizio personale offensivo che non rispetterebbe neanche la prescrizione – sancita dalla Cassazione nel 1984 e universalmente riconosciuta come tale nel giornalismo nostrano – alla continenza verbale dell’espressione.

I PRECEDENTI – Per Giacalone non si tratta della prima querela. Ossigeno ha raccontato le precedenti: quella di un ex pm di Palermo, quella di un senatore e pure la condanna a risarcire con 25mila euro l’ex sindaco di Trapani.

MF

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