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E’ proprio nella legge elettorale che si deve creare il primo argine al conflitto d’interessi

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Una legge elettorale descrive non solo la modalità con la quale si eleggono i parlamentari, ma è la descrizione plastica di come i politici che la presentano intendono il rapporto tra politica e società, tra rappresentanza e cittadini. La sentenza della Corte Costituzionale ha cancellato il Porcellum, per come l’avevamo conosciuto, e consegnato al Parlamento una grande occasione per avvicinare gli eletti agli elettori. Un’occasione che non si può perdere, pena una irrigidimento delle posizioni più populiste nei confronti delle istituzioni democratiche e, nel contempo, una definitiva perdita di credibilità e autorevolezza delle stesse istituzioni. Ma abbiamo imparato che al peggio non vi è fine e ora, all’esame della Camera, è giunto “l’Italicum”: una legge disegnata sugli interessi a breve termine dei partiti proponenti, che in nome di criteri di governabilità subordina quelli della rappresentanza democratica. Ma è soprattutto una legge che elude, ancora una volta, i temi del conflitto d’interessi, dell’ineleggibilità, dell’incandidabilità, oltre che dei costi della politica. Dunque l’Italicum resta una legge sbagliata, ma, dopo la bocciatura delle pregiudiziali di costituzionalità, è con questa che dobbiamo fare i conti. Ora è necessario correggerla, a partire da quella rimozione, per colpa o dolo, delle questioni indigeribili per il Cavaliere. Perché è proprio nella legge elettorale che si deve creare il primo argine al conflitto d’interessi, che dovrà essere poi definitivamente normato con una riforma organica. Basta una modifica della legge del 1957 legata all’ineleggibilità. Su questo è già intervenuta la legge Severino, di cui abbiamo visto gli effetti positivi, ma è necessario che si agisca anche contro l’abuso della posizione dominante e su quanti controllando, direttamente o indirettamente, società concessionarie, in particolare del sistema radiotelevisivo, si trovano in una posizione che può influenzare l’opinione pubblica e, quindi, l’elettorato. Si deve esplicitare l’ineleggibilità di chi è incompatibile con le regole del sistema democratico e con il principio delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive dettato dall’articolo 51 della Costituzione, fondato su criteri che impongono non solo lo svolgimento in condizioni di parità delle competizioni elettorali, ma anche il rispetto della genuinità e dell’autenticità del voto degli elettori. Un rispetto dovuto non solo alla nostra Carta, ma a tutte le cittadine e i cittadini che chiedono trasparenza. Ma l’Italicum resta opaco, anche evitando di affrontare il tema dei costi della politica. È invece necessario rendere tangibile il controllo, da parte della Corte dei Conti, delle spese dei candidati, affinché non si usi la modifica della legge sul finanziamento pubblico per avere le mani libere in campagna elettorale e perché non vi sia un annullamento degli effetti di contenimento dei fenomeni corruttivi. Al Presidente della Repubblica abbiamo esposto tutte le perplessità politiche e di rappresentanza democratica sulla legge elettorale in esame, insieme a quelle  .
Perché una legge elettorale è da valutare non solo sulla base degli aspetti tecnici, politici e sulla conformità costituzionale, ma anche sulla capacità di rispondere alle questioni etiche. Solo così si può abbattere il muro di indifferenza tra politica e cittadini


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