La lotta politica a cui siamo chiamati è dunque lotta civile. La vinceremo, cominciando dal lavoro e dalla legge elettorale maggioritaria
Chi occuperebbe oggi in Italia il posto di partiti scomparsi? E cosa sarebbe delle istituzioni che quei partiti alimentano (e di cui, purtroppo, si alimentano) in un perpetuo cenone di mezzanotte insieme a gerarchie, corporazioni, caste e altri sguatteri in cucine sporche, popolate di scarafaggi burocratici?
Questo pensiero ha accompagnato il mio (forse non solo il mio) passaggio dal 2013 al 2014: da quando Ilvo Diamanti ha pubblicato i dati dell’ultimo sondaggio Demos con numeri espliciti, a quando Napolitano, 48 ore dopo, ha concluso la sua preoccupata, serena, sollecitazione agli italiani e ai loro politici, il 31 dicembre. Lasciamo a più esperti i commenti al discorso presidenziale. E ritorniamo prima a Diamanti che, con cifre gelide, ma per natura meno lungimiranti dei pensieri, ci informa che alle istituzioni e ai partiti resta il consenso di meno del 10 per cento degli italiani. La domanda che dovrebbe angosciare i “cittadini” è: con che cosa li sostituiremmo? Temiamo che al loro posto avremmo orde di allobroghi in cerca di indipendenza nordista, non si sa se dentro o fuori l’Europa, fuori o dentro il sistema dello Stato ex unitario o unito, come pretendono i nazionalisti scozzesi (indipendenza e parlamento a Edimburgo, Corona, Cancelliere dello scacchiere e Difesa a Londra). Avremmo alla luce del sole massonerie e cosche di cleptocrati, che per garantirsi altri vent’anni di ricchezze esentasse (finanziarie, fondiarie, ‘ndranghetose, camorriste), finanzierebbero le nuove squadre d’azione.
Avremmo la parte più sdraiata o piagnona dei 5 Stelle, pronti all’avventura ignota per odio inestinguibile (di cui solo lo stregone miliardario sa gli obbiettivi veri) verso tutto ciò che è pluralismo, competizione, alternativa governo-opposizione: ciò che chiamiamo democrazia. Ai margini, mille repubblichette o baronie curtensi, forconi di rito siculo e di rito veneto, di parte guelfa, casalese, No Tav ghibellina. E i cento frantumi o schegge d’estrema destra e d’estrema sinistra, che le percentuali da prefisso telefonico non scoraggiano sugli impossibili ritorni e sugli sterili esili.
Quello che accadrebbe in una simile Italia, con l’aggiunta di sub-partiti nazi-animalisti (prima i topi, poi gli uomini), razzisti (meglio respingere qualche milione di stranieri, operai, contadini, tecnici e badanti, che provare insieme a uscire dalla crisi), di ambientalisti terrorizzati che vogliono stare al caldo, la doccia, la luce elettrica, ma senza centrali, senza discariche, senza termoconvertitori o strade veloci “nel mio giardino”.
Un’Arcadia col solo mito del mago di Oz. Meglio mandare i nostri rifiuti a tedeschi, svizzeri, olandesi, che ne fanno energia e concimi. Meglio andare per antiche strade ottocentesche che non al ritmo dei popoli che ci circondano. Sarebbe definitivamente questa l’Italia dei sondaggi di Diamanti su partiti e istituzioni.
Ma se invece un popolo attivo, che oggi ha per leader Napolitano ed esprime politici nuovi e credibili, sarà aiutato da un’informazione, da una scuola, da una cultura non più latitanti, il paese ritroverà non solo la capacità ma il piacere civile di rendere alle istituzioni buoni servizi, come quelli dei primi decenni repubblicani: costituente, alleanza atlantica, Trattati di Roma, Moro-Berlinguer e l’unità nazionale, welfare, ripescaggi della lira sull’orlo dell’abisso.
Se tutto questo è finito in mano a politici tangentari e a cittadini mafiosi, non sarà, caro Serra, anche perché troppi di noi, non solo giovani educati con la paghetta e la libera uscita diurna e notturna, si sono “sdraiati” molto tempo fa, quando anche per noi era ancora il momento di correre? E accettammo come rivoluzione liberale la più becera truffa plutocratica e mafiosa?
Oggi la trimurti, che alla fine dell’Ottocento si chiamava temporalismo, massimalismo, anarchismo, si chiama Grillo-Berlusconi-Salvini. E, oggi come ieri, il suo attacco è al Quirinale, per delegittimare dal vertice tutte le altre istituzioni. Ma a differenza di allora c’è nel paese un “partito costituzionale” o della Nazione, formato non più di “ottimati” generosi ma egoisti, ma di giovani e cultura, fuorché in residue pozze del passato che la bonifica prosciuga. La trimurti lo sa e ne ha paura, e s’è inventata un Quirinale a misura del suo istrionismo, abitato da un “presidente che s’è fatto re”, come Napoleone III. E sperano di costringerlo a consegnare il Quirinale con la cassaforte delle libertà italiane, l’ultima non ancora forzata.
La lotta politica a cui siamo chiamati è dunque lotta civile. La vinceremo, cominciando dal lavoro e dalla legge elettorale maggioritaria. Niente tavole rotonde o vertici. è tempo di scrivere leggi già mille volte annunciate, e farle camminare con la forza dei numeri in parlamento. Lì si separeranno i riformatori dai sanculotti. Il bipolarismo nasce così, nei banchi delle istituzioni, poi nelle cabine elettorali. Tanto peggio per gli altri. Speriamo che non si tratti anche stavolta di “bipartitismo imperfetto”, all’italiana.
* da “Europa Quotidiano”