“La corsa a ostacoli di Enrico Letta”, titola la Stampa. Il Presidente del Consiglio si presenterà alle Camere l’11 di dicembre per un nuovo voto di fiducia: niente crisi né rimpasto. Tanto che il Giornale strepita. “Crisi farsa. Napolitano fa lo gnorri”. E allora da dove vengono gli ostacoli? “Napolitano chiede un programma”, spiega il Corriere. Un nuovo (e meno vago) programma di governo, concordato con il segretario che vincerà le primarie del Pd, con Scelta Civica e il nuovo Centro Destra di Alfano. Più facile a dirsi che a farsi.
A piazza Pulita, Renzi, che si sente il vincitore – ma sarà vero?- chiede un segnale, anzi tre. Vuole che il governo riduca le tasse sul lavoro, che abolisca il Senato e riduca i costi della politica, che vari una legge elettorale in grado di garantire a chi vince 5 anni di governo. Solo così, fa intendere Renzi, potrei siglare quel patto a tre, con Letta e Alfano, che il Quirinale auspica.
È più complicato ancora, spiega Repubblica, perché c’è il solito convitato di pietra, l’Europa. “Debito, la UE accusa l’Italia”. Si tratta di un’intervista al commissario Olli Rehn, il quale dice che, va bene, stiamo rispettando il limite del deficit al 3 per cento, ma con il debito non ci siamo, noi Italiani, e dunque dovremmo privatizzare subito e tagliare le spese. La verità è che quel capolavoro di governo messo su da Letta, Berlusconi e Napolitano ha saputo solo galleggiare per sette mesi. Senza un’idea coraggiosa, consunto dal roditore della mediazione a ogni costo, ha riprodotto sull’IMU la stesso cacofonico sbandamento che fu di Monti e Fornero sulle pensioni. Ha cercato di distribuire qualche briciola a destra e a manca scontentando tutti e, in ultimo, dovendo cercar fondi in tutta fretta laddove è più facile: nelle tasche del ceto medio.
Tito Boeri denuncia “quel taglio rozzo alle pensioni d’oro”. D’oro, si fa per dire. Chi prende 2mila euro non va in Ferrari e magari aiuta figli o nipoti. “Non possiamo permetterci – scrive l’economista su Repubblica – che le pensioni diventino la nuova palestra su cui si cimenta una classe politica all’affannosa ricerca di coperture per qualche decina di milioni. Se la nuova maggioranza vuole essere diversa da quella che ci ha governato negli ultimi sette mesi, bene che lo dimostri fin da subito muovendosi con la dovuta cautela in quel negozio di porcellane che sono le pensioni”. E un altro economista, Giacomo Vaciago sul Fatto Quotidiano, rompe un tabù. Il problema non è il populismo anti europeo, spiega, il problema è che “solo un fesso può difendere l’euro così com’è. A livello europeo non abbiamo avuto vantaggi dalla sua introduzione…Dobbiamo andare avanti e completare il processo: unione bancaria (che andava fatta prima); fondo salva-stati dotato di più poteri e ancorato al parlamento europeo; unione fiscale; modifica dello statuto della Bce per farla diventare prestatore di ultima istanza sul modello della Federal Reserve americana”.
Su questo blog lo scrivo da tempo: l’Europa non si salva a tavola con la Merkel durante il semestre di presidenza italiana. Ci vuole una linea di combattimento, ci vogliono alleanze e, un casa, nostra ci vuole una lotta dura al vero spread che è la corruzione, l’inefficienza della pubblica amministrazione, l’evasione fiscale. Ecco gli ostacoli che il patto Renzi-Alfano- Letta, ispirato da Napolitano, dovrà scavalcare per durare fino alla primavera 2015.
Intanto l’area Civati somiglia ogni giorno un po’di più a una sinistra dell’anno zero, una sinistra libera del retaggio di sconfitte e rancori, tecnicismi e ideologismi che servivano a nascondere la propria impotenza e difendere pezzi di ceto politico: una sinistra che parla italiano, cioè che parla come tutti gli altri cittadino del Belpaese. “Chiudere il ventennio con i ventenni”, dice Pippo, e usare i diversamente giovani per spingere questi benedetti ventenni. Ieri sono stato a Trieste e Udine. Tra poco ospite di Uno Mattina, poi alle 12 conferenza stampa in Senato sulla legge elettorale (parlandone ai ventenni perché è un loro problema come si vota e se c’è o no democrazia nel loro paese. Poi, alle 19, parteciperò alla fiaccolata a Prato. Piccolo segno di solidarietà con i morti di lavoro. Come i minatori di Gessolungo anche quei 7 compagni operai senza nome hanno arricchito qualcuno. Scrive il Fatto: “4miliardi spediti in Cina. L’oro degli schiavisti di Prato”. Schiavisti e utilizzatori intermedi: mi chiedo se per caso qualche “firma” non si faceva tessere, sotto costo, indumenti griffati tra quei bottoni e quei loculi con le sbarre alle finestre.