di Diego Sambucini
PRATO – Mettere in sicurezza l’area, accertare le responsabilità ed evitare episodi simili nel futuro prossimo. Sono queste le priorità della città di Prato in seguito all’incendio del capannone gestito da cinesi, nel quale hanno perso la vita sette persone. Oggi si contano i danni, si distribuiscono colpe e si denunciano le omissioni.
La Procura di Prato, nel frattempo, ha aperto un’inchiesta: le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di manodopera clandestina. Nell’incendio due dei tre feriti sono ancora ricoverati in ospedale in gravi condizioni. Al momento, l’unico corpo identificato è quello di un irregolare. Nessuno reclama le altre salme e ciò fa pensare che anche le altre vittime siano irregolari, così come uno dei due feriti. Nel frattempo, nell’area dell’incendio i Vigili del Fuoco hanno individuato pezzi di amianto. “Tutta la zona che è stata interessata dall’incendio è contaminata” dicono le forze dell’ordine. Intanto, il sindaco di Prato, Roberto Cenni, in accordo con la giunta comunale, ha indetto il lutto cittadino per la giornata di domani. “Non è degno di una città civile il mantenimento di un simile stato di cose”, dice Cenni esprimendo le condoglianze alle famiglie delle vittime. E’ la prima volta nella storia della città tessile che viene indetta una giornata di lutto. Il Comune ha invitato anche i commercianti e i cittadini ad esporre su negozi ed abitazioni dei drappi neri in segno di partecipazione. “Rispetto alla situazione del nostro territorio – dice Cenni – , l’indizione di una giornata di lutto può rivelarsi del tutto inadeguata se non seguita da azioni urgenti e concrete che coinvolgano tutte le istituzioni e gli organi dello Stato, perché la tragedia di ieri potrebbe ripetersi in migliaia di casi”. Infine il sindaco fa sapere che si rivolgerà a tutte le imprese iscritte alla Camera di Commercio e alle associazioni di categoria affinché prendano atto della gravità della situazione e si adoperino immediatamente per adottare ogni misura necessaria per ripristinare la sicurezza sui luoghi di lavoro. Tuttavia, il procuratore capo di Prato Piero Tony denuncia che “La maggior parte delle aziende sono organizzate così: è il far west. I controlli sulla sicurezza e su ciò che è collegabile al lavoro, nonostante l’impegno dei tutte le amministrazioni e delle forze dell’ordine, sono insufficienti. Siamo sottodimensionati: noi come struttura burocratica siamo tarati su una città che non esiste più, una città di 30 anni fa”. In ogni caso, la causa dell’incendio –secondo gli inquirenti- non sembra essere dolosa. All’interno del capannone c’era anche un bambino di 4 anni che è riuscito a fuggire insieme ai suoi genitori. Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, ha annunciato di aver chiesto un incontro a porte chiuse con il presidente del Consiglio Letta e il ministro degli Interni Alfano, chiedendo di mettere a punto una “strategia che bonifichi questa situazione”,ha detto Rossi. In giornata sono arrivate anche le parole del presidente della Camera Laura Boldrini: “Se non si fa qualcosa di risolutivo, rischiamo di importare il peggio della globalizzazione” dice Boldrini esprimendo il suo cordoglio per le famiglie delle vittime. Secondo la presidente della Camera “una tragedia del genere uno magari se l’aspetta in qualche paese del Sud-Est Asiatico, ma è dura da recepire in Italia”. Bisogna agire, ha insistito, “non solo per tutelare i lavoratori, ma anche per tutelare le aziende che rispettano i diritti, che pagano il costo del rispetto di questi diritti. Lo dobbiamo a tutto il sistema di produzione del nostro paese”. Intanto, la Fondazione Italia Cina “auspica che le autorità italiane facciano valere le leggi vigenti, leggi che coloro che fanno impresa dovrebbero sempre rispettare”. Alla vicenda si susseguono poi le accuse da parte dei sindacati: “Nessuno può affermare seriamente di non sapere cosa succede a Prato. Nessuno tra le istituzioni, la politica, le stesse forze sociali. Prato rappresenta probabilmente la più grande concentrazione di lavoro nero, ai limite della brutalità e della schiavitù, che esiste in Europa”, commenta Emilio Miceli, segretario generale della Filctem-Cgil. “Ormai Prato -prosegue il segretario- viene vissuta con normalità, accettata, legittimata. Chi dovrebbe vigilare non lo ha mai fatto, chi sapeva non ha mai parlato; e all’ombra di queste rimozioni si è creato un mostro difficilmente governabile. Verrebbe da dire: o lo stato di diritto, o Prato”. Il segretario confederale della Cisl Luigi Sbarra aggiunge: “servono più prevenzione e sicurezza, più tutele e legalità”. Questo dramma fa emergere, inoltre, “anche un altro lato oscuro rappresentato dalla piaga del lavoro nero ed insicuro nella quale permangono centinaia di aziende tessili a Prato gestite da cinesi. Non si può più tollerare”. D’altra parte, il segretario Uiltec Paolo Pirani ribadisce che “non si può più far finta di non sapere l’esistenza di vaste aree di lavoro nero e di sfruttamento. Occorre aprire un confronto con i rappresentanti della comunità cinese perché siano effettivamente parte attiva nella determinazione di diverse e accettabili condizioni di lavoro”. Intanto, un nuovo blitz della “squadra interforze” ha individuato a Prato un’altra ditta irregolare gestita da cinesi. Nel rapporto delle Forze dell’Ordine si legge che “All’interno della ditta sono stati identificati 11 cinesi, di cui due risultati irregolari e quindi condotti in Questura. I locali, in precarie condizioni igienico sanitarie, presentavano abusi edilizi mediante l’allestimento, anche soppalcato con pannellature in legno e cartongesso, di 13 angusti piccoli ambienti dormitorio”. Quindi, al termine degli accertamenti, è scattato il sequestro penale preventivo dell’intero immobile produttivo.