Seduta su un piccolo sofà tutto per me sistemato in un cantuccio in riva al mare d’inverno, centellinavo la quiete grigio perla di cielo e mare rimpannuccianti, il caffè, un quotidiano e i miei pensieri. Si sta così, in novembre, nei piccoli bar che guardano il mare della riviera ligure. Stavo così bene quasi da sentirmi in colpa. Sarà perciò che quando la signorina sorridente mi portò i dolcetti d’Alassio mi rovinai tutto facendole la più masochista bastarda quanto cretina delle domande: “ma d’estate qui davanti ci mettono le file degli ombrelloni, le sdraio e i lettini?” Ella rispose: “Sì, certo, ma anche le file delle cabine, i prefabbricati per bar/reception/ tuttofare, i parchi giochi gonfiabili, le docce calde, l’area ludica ecc.” A me però parve che ella desse tutto già per naturale, dunque scontata, rassegnazione.
Così è nel nostro Paese, da sempre. E’ incredibile, grottesco, devastante che il primo Paese in assoluto, universalmente riconosciuto proprietario del più meraviglioso (dunque potenzialmente più redditizio diretto e indiretto) patrimonio da demanio, l’abbia non solo sfruttato secondo l’operatività del più squallido pappone, ma addirittura l’abbia inserito nei viali dei battoni più a buon mercato.
In occasione dell’annuale legge finanziaria il Pdl stabilisce (da qui il termine “stabilità”) un’ottimizzazione di questo concetto demaniale: facciamo che ‘ste spiagge, in cambio di ragionevoli corrispettivi, in pratica diventino passaggio di proprietà in tutto e per tutto? Papponi per papponi a questo punto perché non allargare le possibilità a “rotonde sul mare” entro le acque territoriali, magari istituendo scie blue a pagamento per il transito dei privati natanti limitati proprio alle 3/6/12 miglia?!