Gianfranco Fini un po’ per celia (da pubblicità al suo “ventennio” librario) e un po’ per non morir (da pubblicità al suo quarantennio politico) ha riferito che il cavaliere non è bugiardo: rimuove. Rimuove?! Ciò significherebbe che ogni azione da lui “commessa” (tra quelle già passate in giudicato, in essere ma in attesa del terzo grado, latenti per rinvii a giudizio, per non parlare delle garanzie per giuramento sulla testa dei suoi figli) è frutto di sua assoluta buona fede?! Ma questa è materia di psichiatria non di governo! Dunque l’uomo non starebbe bene e pertanto andrebbe aiutato nel senso proprio sanitario. Il Fini dal “che fai mi cacci?” potrebbe essere sospetto.
Ma come la mettiamo con ciò che ben prima “implorò” sua moglie dopo 22 anni di convivenza? Dall’ufficialità del matrimonio del ’90 le sarebbero bastati pochissimi mesi per separarsi alle condizioni attuali (milione più, milione meno). Ha atteso invece fino al 2009 per ufficialmente riferire che suo marito non sta bene, non già per lei, ma proprio di suo: chi gli era veramente amico gli stesse perciò vicino ché lei non ce la faceva più. Quello era amore. A oggi non s’hanno indizi paragonabili quanto ad amicizie…
Dunque chi istituzionalmente oggi, allo stato dei fatti, si assume la responsabilità d’indagare?
La Costituzione nulla riferisce sul da farsi a parlamentare (meno che meno a capo di governo) colpito da incapacità d’intendere e volere. Ma neppure alcuna legge a lei succeduta ha mai stabilito o almeno valutato la possibilità che ciò potrebbe accadere. Oggi stiamo nella fase in cui bene sarebbe entrar nel merito perché ci sono fondati motivi che quel “potrebbe accadere” sia già accaduto e su questo per giunta potremmo aver pure mandato “avanti” la nostra Nazione…