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Kazakistan e narcotraffico

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di Piero Innocenti

Sono di origine turco mongola i kazaki che si insediarono, più di 400 anni fa, tra il lago di Aral e i monti dell’Asia centrale, spinti in questa regione dall’espansione del leggendario Gengis Khan. L’immenso territorio, 2milioni e settecentomila chilometri quadrati (cinque volte la Francia), prevalentemente pianeggiante e in molte parti stepposo, è ancora percorso da gruppi di nomadi con al seguito cavalli, buoi e capre. Per i kazaki, il cui nome deriva dal turco “kaysak” che vuol dire “cavaliere”, l’appartenenza al gruppo dell’”osso bianco” (i benestanti) e dell’”osso nero” (i poveri) ai tempi del dominio russo, sembra ancora caratterizzare l’attuale struttura della società, soprattutto dopo la caduta del comunismo. In questa parte del mondo c’è molta dignità ma anche molta povertà. L’ospitalità e la cordialità del kazako, sperimentate personalmente alcuni anni fa, ricordano molto quelle della nostra gente del sud; accettando un invito a cena è assolutamente proibito allontanarsene senza aver apprezzato tutte le diverse gustose pietanze di insalate e carne che vengono poste, con particolare cura, su grandi, colorati tavoli. Il Kazakistan, alla ribalta mediatica internazionale per la brutta vicenda, di alcuni mesi fa, del rimpatrio illegale, dal nostro paese, della Shalabaieva, sta avendo sempre più un’importanza strategica nel traffico degli stupefacenti. I cinquemila chilometri di confine della Russia con il Kazakistan rappresentano, in effetti, il confine della Russia con gli Stati dell’Asia Centrale da cui provengono in massima parte le droghe destinate a quel mercato e a quello europeo.

Il Kazakistan è stato tra i primi paesi a sottolineare l’importanza di una stretta cooperazione nel contrasto al narcotraffico tra gli Stati dell’Asia centrale. Un primo accordo sul tema risale al giugno del 1993 in occasione della prima riunione internazionale dei capi degli organismi antidroga della regione asiatica. Successivamente sono stati presi accordi di collaborazione con la Turchia, la Cina e l’Italia (accordo, quest’ultimo, firmato ad Almaty il 5 maggio del 1997 e ratificato con la legge364/1988). Il volume del traffico di droga ed i consumatori sono aumentati notevolmente in questi ultimi anni. A livello di contrasto, nel 2012 (ultimi dati ufficiali disponibili), la polizia kazaka aveva sequestrato 28,82 ton. di stupefacenti di cui 306 kg di eroina, 184 kg di oppio, 225 kg di hashish e 27,95 ton di marjiuana. Va ricordato che nel paese le condizioni climatiche, in particolare nelle zone meridionali (Almaty, Cimkent, Dzambul), sono particolarmente favorevoli alle coltivazioni della cannabis, del papavero da oppio e della pianta di efedra (da cui si ricava la efedrina, precursore utilizzato nei processi chimici per produrre metamfetamine). La cannabis, in effetti, cresce spontaneamente un po’ dappertutto e soltanto nella valle del fiume Chu i campi si estendono per oltre cento mila ettari con una produzione stimata dalle autorità kazake di circa 14mila tonnellate di marjiuana o 5mila tonnellate di hashish (l’UNODC, agenzia dell’Onu, stima una produzione maggiore). Sempre nel 2012 sono stati 3.886 i delitti per fatti droga accertati, diminuiti rispetto al 2001 quando furono 4.360, anche per l’avvenuta depenalizzazione ( legge del 18gennaio 2011 n°393) di alcune fattispecie che hanno ricondotto nell’ambito amministrativo l’acquisto, il possesso ed il trasporto di droghe per uso personale.

Da alcuni anni è stata rilevata la presenza di gruppi criminali stranieri tra cui cellule delle Triadi cinesi che si sono insediate in alcune regioni kazake. L’ambizioso progetto, in fase di realizzazione avanzata, di collegare il porto cinese di Liyan Yungang, sul Mar Giallo, al porto di Rotterdam, ripristinando quella che nel Medio Evo era la “via della seta”, certamente contribuirà a migliorare le condizioni del Kazakistan ma potrebbe contribuire a consolidare nuove rotte del narcotraffico internazionale nell’Asia centrale.

da liberainformazione.org


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