BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Orazione civile per Antonio Russo (ucciso nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2000)

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Il dolore e la povertà lui li aveva guardati in faccia. Come negli occhi di quei bambini che, in una vecchia foto d’archivio, gli si radunano intorno con una smorfia sul viso intirizzito dal freddo. Quel freddo che solo in Cecenia ti entra finanche nelle vene. Antonio Russo c’era stato tante volte. Da inviato. Già. Inviato di guerra. Lavorava per Radio Radicale quando è stato ucciso nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2000. Un giornalista free lance che non aveva alcuna tutela, alcuna garanzia. Uno che metteva la sua vita e la sua professione al servizio del prossimo. Come di quei bambini che lo circondavano ogni volta che tornava in quei gelidi e desolati villaggi russi. Tanto che non aveva mai voluto che il suo nome si riducesse ad una serie di cifre: quelle impresse sul tesserino dell’Ordine cui pure apparteneva. Ecco da dove nasce allora l’Orazione civile che l’attore Ferdinando Maddaloni ha voluto dedicare ad Antonio Russo. “Mai dietro una scrivania”. Si chiama così la performance teatrale che Maddaloni metterà in scena, in occasione della nuova edizione del “Premio Italia Diritti Umani” in programma il prossimo 15 ottobre, alle 18, nell’Aula Magna della Facoltà Valdese di Teologia in via Pietro Cossa 40 a Roma. Un testo con cui l’artista impegnato nel teatro civile – grazie anche ai suoi frequenti viaggi a Beslan, dove dal 2009 ha messo in campo un progetto di beneficenza nella scuola che fu teatro della strage del 2004 – (https://www.facebook.com/pages/Una-Videoteca-per-Besl%C3%A0n/131982290694?id=131982290694&sk=info), darà voce alla vicenda umana e professionale del giornalista ucciso durante la guerra in Cecenia. Quando venne ammazzato, tredici anni fa, Russo, 40 anni appena, si trovava in Georgia per documentare il conflitto in corso. Il suo corpo fu ritrovato torturato, ai bordi di una stradina di campagna a 25 km dalla capitale Tiblisi. Ancora oggi la sua morte tuttavia resta un mistero dalle mille facce. Si sa solo che il cronista aveva parlato di una videocassetta contenente torture e violenze perpetrati dai reparti militari russi ai danni del popolo ceceno, che avrebbe poi mandato in Italia. Una voce probabilmente “scomoda”, quella di Russo che aveva raccolto prove dell’utilizzo di armi chimiche illegali contro i bambini ceceni, con pesanti accuse di responsabilità verso il governo di Vladimir Putin. Una sorte, la sua, che lo accomuna alla collega Anna Politkovskaja, altra voce altrettanto “scomoda” assassinata nell’ascensore del suo palazzo il 7 ottobre 2006 per i suoi reportage dalla Cecenia e per la sua dichiarata avversione al presidente Putin. Stessa storia, stesso tragico destino di due giornalisti impegnati nella difesa dei diritti umani. Ed è qui che si intreccia con le loro storie il percorso artistico di Maddaloni. Partito nel 2008, il progetto “Arte, informazione e disinformazione ad arte” di Maddaloni prevedeva  un tema unico, l’informazione e tre argomenti diversificati per paese (Russia, Stati Uniti e Italia). Dopo la Russia di Anna Politkovskaja, dopo gli Stati Uniti e l’11 settembre 2001, il teatro civile di Maddaloni approda in Italia con un’orazione civile dedicata ad Antonio Russo, «giornalista freelance sempre con un badge al collo, spesso in prima linea  su scomodi luoghi di guerra, mai ritratto dietro una bella e comoda scrivania». Tutto questo mentre 30 attivisti di Greenpeace sono detenuti in Russia dalla fine di settembre, con l’accusa di pirateria per una protesta contro le trivellazioni petrolifere di Gazprom nell’Artico. In Russia funziona così.

Note dell’autore
Nel Journalists Memorial di Washington situato all’interno del Newseum  (ibrido tra le parole news e museum,un’esposizione interattiva dedicata all’informazione e al giornalismo) Antonio Russo viene ricordato così:“Trovato morto lungo una strada di montagna in Georgia il 16 ottobre, due giorni prima del suo ritorno in Italia con le immagini registrate e preannunciate alla madre, delle prove  delle atrocità della guerra tra Russia e Cecenia. Il medico legale sostenne che  è stato vittima di un trauma da corpo contundente, ma le sue ferite erano incompatibili con quelle di qualcuno ucciso da un veicolo. Amici segnalarono che l’appartamento di Russo è stato saccheggiato e  la sua auto rubata”.

www.newseum.org/scripts/Journalist/Detail.asp?PhotoID=1494

Come viene ricordato in Italia la figura del “freelance davvero free” di origine abruzzese?


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