Il Veneto sembra essere il laboratorio per due modelli di mostre totalmente differenti, anzi agli antipodi.Il primo modello, oramai collaudatissimo, è quello di Marco Goldin : esplose agli inizi del 2000 con un ciclo di mostre sui protagonisti dell’impressionismo. Alla Casa dei Carraresi di Treviso. Un successo di pubblico senza precedenti , nonostante la sede espositiva abbia oggettive carenze e nonostante la città , allora dai connotati piuttosto provinciali. Treviso ai vertici dell’attenzione culturali per alcuni anni.
Un modello poi esportato in altre situazioni , sempre con la costante del successo, almeno di pubblico. Tutto fa prevedere che anche per la prossima mostra, sempre curata da Goldin, questa volta alla Gran Guardia di Verona, dal 26 ottobre 2013 al 9 febbraio 2014 per poi passare a Vicenza, il pubblico si metterà pazientemente in coda. Gli ingredienti ci sono tutti : ( anche questo è una costante ) : un tema scelto di grande appeal , in questo caso il paesaggio nella sua evoluzione dal Seicento al Novecento e l’immancabile riferimento a un impressionista , in questo caso Monet. Con una scelta di opere , mediamente di alta qualità, e prestiti quasi miracolosi da ottenere, ma che Goldin riesce ad ottenere. Come ? E’ un segreto che custodisce gelosamente . Se mai il limite è un altro : la sua rischia di essere una splendida parata di capolavori privi di una contestualizzazione critica. Come ammette lo stesso Goldin: le scelte non sono subordinate a un criterio scientifico, ma rispecchiano il suo gusto personale.
Per il resto si tratta di una perfetta operazione di marketing: ampio preavviso ( di qualche anno ) dell’evento; sapiente coinvolgimento, con grande anticipo dei mass – media , e , man mano che ci si avvicina alla scadenza, un crescendo di informazioni e di spot pubblicitari. Con la curva delle prenotazioni che si impenna ancor prima della inaugurazione. Insomma quasi un obbligo parteciparvi.
All’estremo opposto una proposta del tutto inedita , certamente in Italia, forse in tutta Europa: un solo quadro, che si può ammirare anche singolarmente o in un gruppo tassativamente non superiore alle otto persone. Sarà possibile a Venezia , dal 10 novembre al 27 dicembre all’abbazia di San Gregorio. Un solo quadro, certo, ma un capolavoro, una veduta del Canal Grande , a firma del Canaletto, che viene esposto nella stanza in cui il quadro ebbe la sua prima ideazione. Poi fissata tramite la camera ottica o negli schizzi, i celebri “ scarabotti “ , per dirla con il pittore. Si tratta della stanza d’angolo , con vista sul campo della Chiesa della Salute dell’Abbazia di San Gregorio, ora sede della Fondazione Buziol, alla quale si deve l’iniziativa, supportata dal punto di vista organizzativo da Fondaco . Un quadro che ritorna nella sua sede naturale 270 anni dopo la sua genesi.
Tutti in coda, dunque , per ammirare il capolavoro ? Al contrario. Il target non sono le masse ma il singolo visitatore. Che volendo potrà starsene solo di fronte al quadro per un’intera ora. Scegliendo il giorno e l’ora preferita. Perché l’Abbazia per tutto il periodo sarà aperta 24 ore su 24 . Si può scegliere, quindi, il chiaro di luna o i primi bagliori dell’alba come la notte fonda : questione di gusti. Un privilegio, certo, che ha un costo. Impegnativo : 400 euro per persona singola , 200 a testa per una coppia. Costo che scende fino a 35 euro ( peraltro prezzo impegnativo : 25 è il biglietto di accesso alla Biennale con due sedi ) se si organizza un gruppo o ci si aggrega al gruppo di 8 persone. Prenotazione rigorosamente on line : ww.canalettovenezia.it . A partire dal 10 ottobre. Sarà interessante vedere il riscontro, considerato che non esistono precedenti a riguardo.
Due modelli a confronto: quello di massa e quello di élite. Troppo di élite ? Forse ci potrebbero essere dei correttivi ( soprattutto sul prezzo ). Però una cosa è certo : come per il mangiare anche per le cose dell’arte c’è nostalgia per il slow food. Non lo sostiene anche Papa Francesco ?