Appello dei familiari delle vittime degli ultimi naufragi avvenuti sulle coste siciliane al governo italiano affinché i loro cari siano riportati in Eritrea e non vengano seppelliti in Italia. Lo fanno attraverso Don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo responsabile dell’agenzia Habeshia, che da diversi anni rappresenta un punto di riferimento sicuro per rifugiati e richiedenti asilo provenienti dal Corno d’Africa e diretti in Italia. E’ a lui infatti che i profughi si rivolgono, chiamandolo al suo cellulare con i telefoni satellitari, quando lanciano disperate richieste di aiuto dai barconi che rischiano di affondare nel Canale di Sicilia. Ma l’ultima strage del mare Don Mosè non è riuscito a evitarla, anche perché agli oltre 500 eritrei che erano su quella “carretta” naufragata davanti all’isola dei Conigli, erano stati sequestrati tutti i telefoni prima della partenza dalla Libia.
“In questi giorni – racconta il religioso a Francesco Nuccio dell’Ansa – sono stato tempestato dalle telefonate di familiari e amici delle vittime delle ultime tragedia avvenute nel Canale di Sicilia, che sono stati avvisati dai superstiti della tragica fine dei loro cari: prima le 13 persone morte nel ragusano, poi le centinaia di vittime davanti alle coste di Lampedusa”.
Il sacerdote eritreo sottolinea che le famiglie che lo hanno contattato “chiedono la restituzione delle salme per dare degna sepoltura ai congiunti nella loro terra, e fanno appello al governo italiano per un gesto di pietà verso tutti questi giovani morti dando anche la possibilità alle loro famiglie di riavere il corpo dei loro cari per poterli salutare e piangere sulla loro tomba”.