”Includere tra i professionisti tutti quei pubblicisti che lavorano da anni ‘in modo esclusivo e continuo’, subordinare l’iscrizione all’albo all’effettivo esercizio della professione, creare un albo speciale senza diritto di voto per gli emeriti”. Sono i punti focali di una riforma dell’Ordine dei giornalisti, che la rivista Civilta’ Cattolica rilancia in un lungo editoriale firmato dal gesuita Francesco Occhetta in occasione dei 50 anni dell’Odg, istituito con la legge n.69 del 3 febbraio 1963. ”A meta’ degli anni ’70 – si legge – nasce un pubblicismo diverso da quello pensato dalla legge: costituito da giornalisti che svolgono la professione in modo esclusivo, ma non vengono remunerati come i professionisti”. Secondo Occhetta sorge ”un problema legato al principio di giustizia. Sono gli anni dei privilegi per i professionisti che fanno perdere all’interno dell’Ordine il senso della solidarieta’ e producono vere e proprie classi diverse”. Poi, negli anni ’90 la situazione precipita: ”Oltre il 70% dei neo-giornalisti professionisti arriva da un praticantato d’ufficio”, mentre il ”praticantato tradizionale (art. 35) giunge al suo capolinea”. Cosi’, spiega Civilta’ Cattolica, ”le aziende editoriali scelgono di favorire la precarizzazione e di estendere l’area di contratti atipici. La scelta di sfruttare la manovalanza giornalistica si rivela economicamente vantaggiosa, ma editorialmente, professionalmente e moralmente discutibile”. Per quanto riguarda le Scuole di giornalismo, inoltre, Occhetta denuncia gli ”elevati costi. E’ importante – dice – non vendere sogni irrealizzabili ai ragazzi. Stabilire che le cuole diventino la corsia privilegiata per accedere all’esame, perche’ le redazioni non riconoscono” agli aspiranti giornalisti ”i mesi di praticantato, e’ iniquo”. ”Riformarsi significa riacquisre credibilita’. Il cambio di paradigma richiede ai giornlisti che non esercitano, pensionati compresi, di lasciare l’Ordine, oppure di diventare emeriti e di non incidere nel governo”. A proposito dell’esercito dei pubblicisti, invece, ”l’accesso andrebbe riportato allo spirito del 1963”, in linea con quanto stabilito recentemente dal ”Consiglio nazionale”, che ”ha approvato un regolamento provvisorio per riconoscere come professionisti tutti quei pubblicisti che lavorano da in modo ‘esclusivo e continuo”’. La tessera, conclude Civilta’ Cattolica, ”non e’ uno status, deve essere semplicemente il mezzo che rende pubblica l’attivita’ di guardiano della democrazia”.