La decisione di chiudere al Jazeera di fatto fu presa in Egitto il giorno di ferragosto, all’indomani dell’arresto a Rabaa di due giornalisti dell’emittente del Qatar: Abdullah al Shami e il cameraman Mohammed Badr. Il consiglio dei ministri del governo provvisorio chiese ai dicasteri interessati di intervenire per garantire la “sicurezza nazionale”. Due settimane dopo dal ministero della “Comunicazione e l’Informazione” è arrivata la giustificazione: si chiude al Jazeera per “la mancanza della licenza per operare nel Paese, nonché con l’assenza di un valido codice deontologico”. Chiaramente un pretesto. Nel frattempo sono arrestati altri quattro reporter dell’emittente: il corrispondente Wayne Hay, il cameraman Adil Bradlow, i producer Russ Finn e Baher Mohammed, più tre tecnici. La notizia è stata data dalla stessa al Jazeera. In una nota, l’emittente sostiene che gli arresti rientrano in “una campagna contro al Jazeera”, accusata di spalleggiare gli islamici che sostengono il presidente deposto Mohamed Morsi. In realtà la goccia è stata proprio l’appello alla mobilitazione mandato in onda ieri mattina da Mohammed el Beltagy, vicepresidente del braccio politico dei Fratelli Musulmani. La prova è che lo stesso Beltagy nel pomeriggio è stato arrestato, quasi contemporaneamente ai giornalisti dell’emittente.
Dunque il problema è complesso. Dato per assolutamente inamovibile il diritto all’informazione, e quindi gridando con forza alla censura, non c’è dubbio che c’era da aspettarselo. Il problema non è naturalmente dei giornalisti, che come al solito pagano in prima persona, ma della gestione che l’emirato del Qatar fa della sua diffusissima televisione nel mondo arabo. Non fa più informazione, ma politica infilandosi pesantemente in tutte le rivolte, a cominciare dalla Libia dove ricordo l’assassinio di una troupe di al Jazeera da parte presumibilmente dei lealisti di Gheddafi. Lì, come probabilmente sta avvenendo ora in Siria, l’emittente arrivava anche alla manipolazione delle notizie, in Egitto si è dichiaratamente schierata dalla parte degli oppositori ospitando gli appelli alla mobilitazione di piazza. Fa orrore che in un Paese gestito dai militari ci sia una sorta di Minculpop e che a finire in carcere siano i reporter. Al Jazeera fa politica? Bene, si risponda con la politica e non con la repressione. E’ sempre un momento molto triste quando si chiude la bocca a chi la pensa diversamente, si tratta comunque di un atto che va contro la libertà ed è inaccettabile. Ma forse in Egitto è troppo presto per parlare di democrazia.