“La prima cosa da constatare è che nonostante la circolare emanata dal Ministro Cancellieri i Cie continuano ad essere di fatto negati ai giornalisti” J.L.Touadi, reduce, insieme al Sen. Pd Roberto Di Giovan Paolo dalla visita la Cie di Ponte Galeria… nella giornata conclusiva della mobilitazione internazionale Open Acces Now ( rilanciata dai promotori della campagna LasciateCientrare), esordisce così di fronte alla piccola folla di cronisti costretti ad attendere sotto un sole cocente, bloccati all’ingresso perchè “ il funzionario è fuori e manca l’autorizzazione”. “Non è possibile” continua il deputato Pd “che si continui ad affidare tutto alla discrezionalità delle prefetture, ci vuole massima chiarezza anche su questo, la stampa deve essere libera di circolare e raccontare.”
Un motivo in più questo per non mollare, per continuare le mobilitazioni, ribatte il presidente della Fnsi Roberto Natale, bloccato anche lui all’ingresso nonostante il tentativo di mediazione con il personale di guardia all’interno.
“C’è assoluta opacità” sostengono i due parlamentari che hanno avuto l’opportunità di circolare dentro il centro sia all’interno della sezione maschile che di quella femminile. E l’opacità non riguarda soltanto il bavaglio messo in bocca alla stampa, è un’opacità che sta a monte e che è rappresentata innanzitutto dal capitolo spese, soldi pubblici che vengono impiegati per tenere in piedi strutture che alla fine non riescono a svolgere realmente il proprio compito.
“La prima cosa che salta agli occhi” racconta ancora J.L. Touadì “ è che una struttura del genere è in palese contrasto con quelle che sono le normative europee e nello specifico la direttiva rimpatri da noi recepita e fagocitata sotto la direzione Maroni…”
La maggior parte dei reclusi di Ponte Galeria sono infatti reduci da pene detentive appena scontate, eppure risultano non identificati. “ Costretti di fatto a scontare una doppia pena” aggiunge Touadi “ cosa che non è prevista dalla nostra legislazione.”
La difficoltà di identificare i cosiddetti “ ospiti” sta, spiega il Sen. Di Giovan Paolo nella mancanza di accordi con i paesi di provenienza, per cui molte volte le ambasciate si rifiutano di procedere con i riconoscimenti. Una serie di vuoti formali dunque che andrebbero colmati attivando i ministeri competenti, un vuoto che è però soprattutto di diritti, “uno spread”, come ama definirlo Roberto Natale, in luoghi in cui notoriamente i diritti umani vengono calpestati.
Dall’interno del Cie di Ponte Galeria
Il centro che ha una capienza regolare di circa 364 persone attualmente ne accoglie 160, di cui 120 uomini e 40 donne. L’ingresso dei visitatori inattesi nella sezione maschile lo si percepisce subito dal brusio che si sente anche dall’ingresso. “Quello che si percepisce- commenta Di Giovan Paolo- è come una condizione di transito, un non tempo, molto diverso dalla situazione carceraria in cui invece le giornate risultano meglio scandite.”
Si attende dunque, un riconoscimento, un’espulsione, una convalida del fermo, un rilascio. Giorni, mesi, senza capire bene il perchè, senza distrazioni che non siano il televisore nella sala comune, o la seduta dal parrucchiere “ …unico punto di incontro per le donne” raccontano i due parlamentari.
Poi il niente di un’attesa che può durare fino a 18 mesi.
“Da questo governo ci attendiamo un segnale di discontinuità reale rispetto al precedente, a partire dalla trasparenza sui costi reali delle strutture, sul loro mantenimento, sulle catene di appalti.” Affermano in maniera unanime.
“L’opinione pubblica deve sapere quale spreco di denaro pubblico si cela dietro questi luoghi” dice ancora Natale.
Magari di fronte a questo potrebbe avere la voglia di reagire o di protestare.
Magari, ma non è detto.